(Adnkronos) – Hollywood piange James Foley, regista versatile e raffinato che nel corso di oltre trent'anni ha lasciato un segno nel cinema, nella televisione e persino nella musica pop. E' morto nella sua casa di Los Angeles all'età di 71 anni: in tempi recenti ha diretto la serie tv "House of Cards" e i film "Cinquanta sfumature di nero" (2017) e "Cinquanta sfumature di rosso" (2018), i capitoli finali della trilogia erotica basata sui romanzi di E.L. James. A comunicare la scomparsa è stato il suo agente, che ha parlato di "una morte serena", avvenuta nel sonno, dopo una lunga malattia, legata ad un tumore al cervello.
Nato a New York, il 28 dicembre del 1953, Foley era cresciuto tra le strade di Brooklyn prima di trasferirsi in California per studiare cinema. Fu proprio durante gli anni universitari che ebbe un incontro destinato a cambiargli la vita: il regista Hal Ashby vide un suo cortometraggio e gli propose di lavorare insieme. Anche se il progetto non andò in porto, quell’episodio gli aprì le porte dell’industria cinematografica.
La sua carriera iniziò ufficialmente nel 1984 con il film "Amare con rabbia", ma fu la collaborazione con Madonna a renderlo noto al grande pubblico. Con la popstar realizzò alcuni dei suoi videoclip più celebri – "Papa Don't Preach", "True Blue", "Live to Tell" – e il film "Who's That Girl?" (1987), tentativo non fortunato di lanciare la cantante come attrice. Dopo la parentesi musicale, Foley firmò "A distanza ravvicinata" (1986), un intenso dramma familiare con Sean Penn e Christopher Walken. Ma il riconoscimento definitivo arrivò nel 1992 con "Americani", adattamento di un'opera di David Mamet sul mondo spietato dei venditori immobiliari. Il film, interpretato da mostri sacri come Al Pacino, Jack Lemmon, Alec Baldwin e Kevin Spacey, è diventato un classico moderno. Negli anni successivi Foley ha continuato a dirigere film dal tono cupo e intenso, come "Paura" (1996), che ha contribuito a lanciare le carriere di Mark Wahlberg e Reese Witherspoon, e "Confidence – La truffa perfetta " (2003), un noir elegante con Edward Burns e Dustin Hoffman. Dopo un’esperienza deludente sul set di "Perfect Stranger" (2007), decise di allontanarsi temporaneamente dal cinema. La sua rinascita artistica è avvenuta grazie alla televisione: David Fincher lo volle dietro la macchina da presa per "House of Cards – Gli intrighi del potere", prima grande serie originale di Netflix. Foley firmò ben 12 episodi della serie (2013-15) e successivamente ha lavorato anche a "Billions" (2016). Nel 2017-18 era tornato al cinema con due blockbuster internazionali: "Fifty Shades Darker" e "Fifty Shades Freed". Durante la sua carriera, Foley non ha mai amato essere etichettato. "Non mi interessa ripetermi", dichiarava il regista. "Scelgo i progetti che mi attraggono, anche se non sempre funzionano". Il filo rosso della sua filmografia? "Uomini alienati, fuori dagli schemi, spesso coinvolti in dinamiche di potere e tradimento". Dietro le quinte era noto per la sua meticolosità e per il rapporto empatico con gli attori. "I migliori vogliono essere diretti", spiegava. "Quando c'è sintonia, si ottengono risultati straordinari". (di Paolo Martini) —spettacoliwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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