Frida Bistrot propone, questa settimana, mercoledì 21 maggio alle 19, la conversazione con l’artista di origine calabrese ma salernitano d’adozione Antonello Gentile, condotta da Gabriella Taddeo, che ne descrive così il profilo:
«Dalla pittura alla fotografia fino alla grafica si spinge la carica creativa ed espressiva dell’artista Antonello Gentile. Ho fatto gli studi artistici in un periodo di forte aggregazione culturale interdisciplinare, sia in città che in provincia, nella metà degli anni Settanta. Successivamente, in Accademia alle belle arti a Napoli, ho respirato il clima internazionale partenopeo.» Gentile, difatti, ha partecipato in quegli anni a varie performance con il maestro Enrico Bugli, che si sono tenute a Mercogliano, Napoli e Martina Franca. «Ero nel “collettivo di architettura e partecipazione» – continua Gentile nella narrazione del suo percorso – «che produceva, sulla scia del lavoro del maestro Riccardo Dalisi, animazione creativa nei quartieri popolari in città.»
Varie le collettive a cui ha partecipato, una nel campo fotografico con il maestro Pino Musi presso la storica galleria “DadoDue” di Salerno, gestita da Antonio Baglivo. A queste sono succedute esplorazioni di Land Art con il giovane e compianto artista Massimo Molino. Poi ha aderito ad “Auto-documentazione”, una mostra ricognitiva del 1978 a cura del maestro Carmine Limatola, detto “Ableo”.
Ha condiviso, inoltre, con Sergio Vecchio e Bruna Alfieri l’esperienza della galleria “Contro”.
Negli anni ’80 e ’90, dopo un lungo periodo di vita “on the road”, ha iniziato un percorso riabilitativo che lo ha portato alla collaborazione come animatore-educatore di comunità a Orvieto.
Nel 2011 ha presentato una monografica a Palazzo Genovese e, nel 2017, una nuova personale al Mumble Rumble, presentata da Sergio Vecchio, che di lui scrisse: «La grammatica grafica di Antonello Gentile diviene un almanacco di archeologia post-industriale da catalogare, per chi osserva, come in un archivio, non per generi (promiscui) o per divisioni tematiche, ma per cronologia del vissuto e/o per sentieri in cui, se non c’è suono o parola, la sola immagine esprime il contenuto e sostituisce la parola stessa.»
Un suo murales figurativo, eseguito con colori acrilici, è visibile su una parete del Museo archeologico di Pontecagnano.