Gerardo Torre, di Pagani (SA), è medico di base a San Marzano sul Sarno, conosciuto, tra l’altro, per la sua opera meritoria durante il triste periodo della pandemia da Covid-19. Infatti, è stato uno dei pochi medici che ha tenuto fede al giuramento di Ippocrate, visitando e curando circa 4.000 pazienti affetti da una malattia che si poteva sconfiggere stando a casa ed evitando di affollare gli ospedali. Lo intervistiamo per conoscere il suo punto di vista sulla crisi del Servizio sanitario nazionale.
Perché il suo comportamento durante il terribile periodo dell’epidemia da Covid-19 è stato considerato da tanti un atto eroico?
Ho fatto solo il mio dovere di medico normale, come ho scritto in un libro che ho pubblicato negli ultimi anni. Al contrario, questa mia scelta ha messo in evidenza l’assenteismo da parte dei miei colleghi durante la pandemia, che non hanno avuto il coraggio di visitare i loro pazienti, preferendo seguire il protocollo basato sul paracetamolo e sulla vigile attesa, che ha causato tante vittime.
Ci può parlare del sogno che vorrebbe realizzare?
Certamente. Da 20 anni ho sperato che si tornasse ad avere quei medici di famiglia che erano un presidio per la salute dei cittadini, sempre disponibili ad ascoltarli e a curarli, a prescindere dagli interessi economici.
Con una semplice riforma della medicina preventiva territoriale si potrebbe realizzare questo mio sogno.
In che modo vorrebbe realizzare questo suo desiderio?
Dimezzando il numero dei pazienti per ogni medico di base, con il mantenimento della stessa retribuzione; imponendo la disponibilità continua del medico durante le sue ore di lavoro; e restituendo loro la libertà di azione nella cura, liberi da protocolli imposti dalla politica.
Ma in questo modo non si raddoppierebbe la spesa per le casse dello Stato?
Penso di no. Al contrario, il miglior funzionamento della medicina territoriale decongestionerebbe gli ospedali e scongiurerebbe la fuga dei pazienti verso le strutture private, che comunque vengono sovvenzionate dallo Stato.
Onestamente parlando, devo ammettere che un medico di famiglia non può sostenere più di 800 pazienti, anche perché negli ultimi anni è aumentata in modo esponenziale la burocrazia.
Questa nobile professione si sta riducendo alla prescrizione di farmaci via email. Quello che viene penalizzato è proprio la cosa più importante: il rapporto diretto tra il medico e l’ammalato.
Cosa farebbe ancora per migliorare il servizio sanitario, che ormai in Italia è in crisi perenne?
Una cosa fondamentale per migliorare la qualità del servizio sanitario in generale sarebbe quella dell’incompatibilità con incarichi istituzionali nel campo della politica.
Non è possibile che un medico, che viene eletto sindaco o deputato, possa continuare a esercitare la sua professione, rischiando di non fare bene nessuna delle due cose.
Perché è così difficile realizzare queste sue proposte così ovvie e sensate?
Purtroppo, oggi la sanità è in mano agli interessi economici e politici più disparati.
Siamo troppo lontani dal tempo in cui fare il medico era una missione, e si svolgeva per vocazione, liberi dai condizionamenti della società consumistica e globalizzata di oggi.