Sempre più spesso, consulenti del lavoro e uffici HR si trovano ad affrontare richieste di anticipazione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) da parte dei dipendenti. In molti casi, però, si sottovalutano le implicazioni legali, contributive e ispettive di una pratica che non può essere gestita con leggerezza. Questo articolo chiarisce i limiti previsti dalla normativa, le condizioni per l’anticipazione e le conseguenze di un’applicazione scorretta.
Il quadro normativo: l’articolo 2120 del Codice Civile
L’art. 2120 c.c. disciplina il TFR, ovvero la somma che il lavoratore ha diritto a ricevere al termine del rapporto di lavoro. Ma in determinate condizioni, è possibile richiederne un’anticipazione.
Condizioni per la richiesta dell’anticipo TFR
Il lavoratore può accedere all’anticipo del TFR solo se sussistono tutte le seguenti condizioni:
- Almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro;
- Richiesta in costanza di rapporto (cioè senza cessazione);
- L’importo richiesto non supera il 70% del TFR maturato;
- L’anticipazione è concessa una sola volta nell’intera vita lavorativa presso quel datore;
- È giustificata da:
- Spese sanitarie straordinarie riconosciute da strutture pubbliche;
- Acquisto della prima casa per sé o per i figli, documentato da atto notarile.
Inoltre, anche se tutte queste condizioni sono rispettate, il datore di lavoro può rifiutare la richiesta se ha già raggiunto i limiti annuali stabiliti per legge:
- 10% degli aventi diritto;
- 4% del totale dei dipendenti aziendali.
FAQ – Quando si può chiedere l’anticipo TFR?
Solo una volta, dopo 8 anni di servizio, e per motivi ben precisi. Non è un “benefit” liberamente accessibile.
Le interpretazioni errate e il ruolo della giurisprudenza
Alcuni imprenditori, interpretando liberamente l’ultimo comma dell’art. 2120 – quello che apre alla possibilità di “condizioni di miglior favore” previste da contratti collettivi o accordi individuali – hanno adottato pratiche scorrette, come l’erogazione mensile del TFR in busta paga.
La Cassazione interviene: sentenza n. 13525/2025
La Corte di Cassazione ha recentemente chiarito (sent. 13525/2025) che non è lecito anticipare mensilmente il TFR ai dipendenti, perché ciò equivale a trasformarlo in retribuzione ordinaria. In tal caso, si configurano effetti fiscali e contributivi diversi, con il rischio di sanzioni e richieste di riaccantonamento da parte degli enti ispettivi.
Il parere dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro
Anche l’INL si è espresso con la nota n. 616/2025 del 3 aprile 2025, ribadendo che:
“L’anticipazione dell’accantonamento maturato può essere oggetto di contrattazione collettiva o individuale, ma non può trasformarsi in una voce fissa di busta paga.”
La ratio del TFR è quella di garantire al lavoratore un sostegno economico alla fine del rapporto, non durante. Un’anticipazione sistematica altera la natura stessa dell’istituto.
Attenzione
Un’erogazione irregolare può comportare:
- Ricalcolo dei contributi;
- Sanzioni ispettive;
- Obbligo di restituzione e riaccantonamento del TFR già versato.
Evitare scorciatoie, rispettare la legge
Le prassi aziendali non possono derogare alla legge, nemmeno se “consolidate” o richieste dai dipendenti. Ogni deroga non conforme espone l’azienda a rischi legali, sanzioni e contenziosi.
Consiglio pratico per i datori di lavoro
Prima di accogliere una richiesta di anticipo TFR, verifica:
- Presenza di un contratto collettivo che lo preveda;
- Corrispondenza alle condizioni legali;
- Documentazione formale della motivazione.
E per i Consulenti del Lavoro, vale una battuta finale:
Anche dopo aver spiegato tutto, non stupitevi se il cliente vi dirà: “Perfetto! In giornata attendo quel cedolino… Grazie e buon lavoro”.