Una nuova flotta internazionale si prepara a solcare le acque del Mediterraneo, ma non per turismo o fini commerciali. Si tratta della Global Sumud Flotilla, massiccia iniziativa civile con un obiettivo chiaro e dichiarato: rompere simbolicamente e mediaticamente l’assedio imposto a Gaza, portando l’attenzione mondiale su quella che gli organizzatori definiscono senza mezzi termini “una complicità internazionale di fronte al genocidio in corso contro il popolo palestinese”.
A bordo delle decine di barche che solcheranno il mare tra agosto e settembre, ci saranno centinaia di attivisti provenienti da 44 Paesi. Un movimento eterogeneo e determinato, che si ispira ai valori della resistenza nonviolenta e del “sumud” – termine arabo che significa “fermezza” o “resilienza”. Tra i partecipanti, vi è anche una nutrita delegazione italiana.
Maria Elena Delia, portavoce per l’Italia del Global Movement to Gaza, racconta così lo spirito dell’iniziativa:
“Quando il mondo resta in silenzio, noi salpiamo. Non possiamo più assistere passivamente all’isolamento e alla distruzione della popolazione di Gaza. Questa flotta è un atto di solidarietà, ma anche di denuncia politica.”
La Global Sumud Flotilla si pone sulla scia delle precedenti missioni marittime verso Gaza – a partire dalla tragica vicenda della Freedom Flotilla del 2010 – ma ne amplia significativamente la portata e la partecipazione. L’impresa vuole anche essere un omaggio a chi, come Vittorio Arrigoni, ha dedicato la propria vita alla causa palestinese.Le imbarcazioni salperanno da diversi porti del Mediterraneo tra agosto e settembre, con itinerari ancora riservati per motivi di sicurezza. Le autorità israeliane hanno più volte dichiarato che impediranno l’accesso a Gaza via mare.
Ma per i partecipanti, il valore simbolico della missione è già un successo: “Il nostro obiettivo – ribadisce Delia – è rompere il muro dell’indifferenza. Anche se ci bloccheranno, il messaggio sarà arrivato: Gaza non è sola.”
Centinaia di attivisti sono in partenza da tutto il Mediterraneo per portare solidarietà alla popolazione palestinese. Tra loro anche l’Italia, con oltre 150 volontari operativi.
Sta per salpare la Global Sumud Flotilla, la più ampia missione civile marittima mai realizzata per sfidare simbolicamente l’assedio imposto da Israele alla Striscia di Gaza. A partire dal 31 agosto, decine di barche cariche di attivisti provenienti da 44 Paesi inizieranno la traversata dal Mediterraneo per convergere verso le coste di Gaza. Le partenze sono previste da vari porti, tra cui Barcellona e Tunisi, con ulteriori imbarcazioni in partenza il 4 settembre.
L’iniziativa nasce dall’esperienza della Global March to Gaza, la marcia internazionale che, nel giugno scorso, avrebbe dovuto raggiungere il valico di Rafah, nel sud della Striscia, ma che si è fermata prima di arrivare a destinazione. Quel movimento ha continuato a crescere e si è trasformato nel Global Movement to Gaza (GmG), una rete internazionale che oggi conta migliaia di sostenitori in ogni continente.
“La marcia non ha raggiunto il suo obiettivo, ma ha dato vita a un movimento strutturato che oggi coinvolge attivisti da 44 Paesi, tra cui Malesia, Stati Uniti, Brasile, Marocco, Sri Lanka, Tunisia, Paesi Bassi e Colombia”, spiega Maria Elena Delia, portavoce per l’Italia del GmG.
Il nome della missione, “Sumud”, richiama il concetto arabo di “resilienza” e “fermezza”, valori che guidano l’impegno degli attivisti coinvolti. Tra questi, anche volti noti del Free Gaza Movement, promotore delle prime missioni navali verso Gaza nel 2008, e il convoglio Sumud, che riunisce movimenti del Nord Africa.
In Italia, il movimento è in forte crescita:
“Il nostro canale Telegram conta oltre 6.000 persone, quello Instagram 21.000. Ma il nucleo operativo e strutturato è composto da circa 150 attivisti”, racconta Delia.
La flotta, che si prepara a trasportare diverse centinaia di persone, ha già ricevuto migliaia di richieste di partecipazione. L’obiettivo dichiarato è duplice: rompere l’assedio simbolicamente e richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sul dramma vissuto dalla popolazione palestinese sotto embargo.
“Quando il mondo resta in silenzio, noi salpiamo”, è lo slogan del movimento. Una dichiarazione di intenti chiara, che punta a scuotere le coscienze e a denunciare quella che i promotori definiscono “la complicità internazionale di fronte al genocidio in corso”.
La Global Sumud Flotilla non è solo un viaggio fisico, ma anche un gesto politico e simbolico di resistenza e solidarietà globale.
“Il modello è quello della Freedom Flotilla del 2010, ma in una versione più ampia e articolata”, spiega Maria Elena Delia, portavoce del Global Movement to Gaza per l’Italia. “Allora si trattava di nove barche; oggi parliamo di decine e decine, anche più piccole, per creare una flottiglia umanitaria nonviolenta e il più numerosa possibile”.
La Flotilla è frutto diretto della Global March to Gaza, la grande mobilitazione internazionale dello scorso giugno, che avrebbe dovuto arrivare fino al valico di Rafah, al confine con l’Egitto. Non ce l’ha fatta, ma da quel tentativo è nato un movimento strutturato su scala globale: il Global Movement to Gaza, oggi presente in 44 Paesi, tra cui Malesia, Stati Uniti, Brasile, Marocco, Tunisia, Paesi Bassi, Italia e Colombia.
“La marcia non ha raggiunto fisicamente Gaza, ma ha riacceso una rete internazionale che prima non esisteva”, sottolinea Delia. “Oggi siamo migliaia in tutto il mondo, e solo in Italia contiamo oltre 150 attivisti operativi”.
Un ritorno simbolico e personale. Delia non è una voce qualunque. Nel 2008 era portavoce del Free Gaza Movement e compagna di Vittorio Arrigoni, l’attivista italiano che riuscì a entrare via mare nella Striscia, e che perse la vita nel 2011 a Gaza.
“Quando pochi giorni fa la Handala è partita da Siracusa e Huwaida Arraf mi ha chiesto di fare la conferenza stampa con lei, è stato un grande Amarcord”, racconta. “Rivedere alcuni dei volti storici di quel movimento, ripartire via mare verso Gaza, ha un significato profondo. Il pensiero va inevitabilmente a Vittorio: ci diciamo spesso che se fosse vivo oggi sarebbe pronto a imbarcarsi, o andrebbe a nuoto.”
Il ricordo del 2010 pesa. Quell’anno, la Freedom Flotilla venne assaltata dalla Marina israeliana: morirono nove attivisti, la maggior parte turchi. E anche missioni più recenti, come quella della Madleen, con a bordo Greta Thunberg, o della Handala, sono state bloccate.
Tuttavia, gli organizzatori restano fiduciosi:
“Questa configurazione è inedita: non si sono mai viste così tante barche insieme. Potrebbe cambiare lo schema e anche la risposta della Marina israeliana”, spiega Delia. “Navigheremo in acque internazionali, quindi nella piena legalità, e poi entreremo in acque palestinesi, di nuovo legalmente. Se vorranno bloccarci, dovranno bloccare decine di barche”.
La Global Sumud Flotilla non è riservata solo a chi può salpare.
“Si può contribuire in tanti modi: salendo a bordo, certo, ma anche con video di sostegno, rilanciando i nostri contenuti sui social o partecipando alla mobilitazione internazionale del 9 agosto”, dice Delia. “Invitiamo tutti a chiedere conto ai propri governi della complicità nell’assedio e nel genocidio, a esigere il rispetto del diritto internazionale e a unirsi a noi per dire: basta fame, basta silenzio, basta disumanizzazione dei palestinesi”.
Il sito ufficiale del movimento, disponibile in inglese, arabo e spagnolo, dà aggiornamenti in tempo reale. Anche l’Italia sarà presente in mare, così come in piazza.
La Global Sumud Flotilla si prepara a partire. E in ogni vela spiegata, soffia il ricordo di chi ha già solcato quelle acque, come Vittorio Arrigoni, e la speranza che un giorno, davvero, si possa diventare umani.