Il suo volto di vecchio saggio appariva sereno. Il silenzio, profumato di camelie e rose rosse, parlava di immenso rispetto per l’uomo che aveva segnato profondamente il giornalismo italiano. Si era spenta una luce, un punto di riferimento per molti, in un arco di tempo che aveva abbracciato gran parte del ’900. Un faro cui si rivolgevano amici e nemici, che aveva esercitato, forse senza volerlo, un’influenza culturale e anche politica che nessun giornalista aveva eguagliato.
«Noi giornalisti scriviamo sull’acqua e abbiamo una vita effimera come le farfalle.» Queste sue parole mi risuonano ancora oggi nella mente. Ma la sua non è stata certo una vita effimera, né le sue parole sono state scritte sull’acqua. I suoi pensieri, le sue critiche al veleno, la sua intelligenza onesta e caparbia hanno solcato le pagine di quotidiani e periodici e hanno scosso le nostre coscienze.
E quando, due settimane prima, era stato ricoverato alla clinica “La Madonnina” di Milano per un delicato intervento chirurgico, aveva beffardamente commentato: «Staranno già tutti preparando i coccodrilli.» E così, il necrologio se lo scrisse da solo. Un necrologio che porta la data del 18 luglio, alle 1.40 del mattino, con il quale Montanelli prendeva congedo dai suoi lettori, ringraziandoli dell’affetto e della fedeltà con cui l’avevano seguito. Poi stabiliva che le sue ceneri fossero raccolte in un’urna «fissata ma non murata» sul loculo di sua madre, nel cimitero di Fucecchio. Niente cerimonie religiose, niente commemorazioni civili. Ultime parole scritte con la sua inseparabile “Lettera 22”, la portatile mai soppiantata dalle nuove tecnologie.
Indro Montanelli è stato, ed è, un pezzo della nostra Storia: uno di quei personaggi che caratterizzano un’epoca, che lasciano un’orma indelebile, uno stile inconfondibile che lo ha reso unico e irripetibile.
Rimane un patrimonio comune del nostro Paese. Tutti, anche i nemici, alla fine lo hanno considerato un punto di riferimento, un maestro.
È stato per decenni il giornalista più popolare e più letto: migliaia di articoli e circa quaranta libri all’attivo. Le sue Storie hanno avvicinato il grande pubblico a una materia fino ad allora patrimonio culturale per soli iniziati.
Ma la vita di Indro Montanelli è stata anche avventurosa e generosa di sfide. È stato uno di quei personaggi che segnano un’epoca, lasciano un’orma indelebile per lo stile inimitabile e per ciò che hanno fatto. È stato uno di quegli uomini che hanno avuto una visione del mondo chiara, una chiara collocazione, nel suo caso nella cultura liberale. Tutti, anche i suoi avversari e nemici, alla fine hanno considerato Montanelli un punto di riferimento, un maestro.
Anche i brigatisti che lo ferirono gravemente nel 1977 si avvalsero poi del suo aiuto per mettere in scena uno spettacolo teatrale. E lui non si tirò indietro.
Montanelli, che per le anime pavide era «l’incoerente», ha avuto una feroce coerenza non solo nello scrivere sempre in modo semplice, per il lattaio e per il garzone, e mai per i parrucconi del denaro e dell’accademia, ma anche nel pagare di persona per le sue opinioni.
Nuotando controcorrente fra un popolo che ha il culto del luogo comune e l’orrore della responsabilità, si fece espellere dalla corporazione dei giornalisti per articoli che dispiacevano al regime mussoliniano; si fece condannare a morte dai nazisti perché indicava la libertà nella Resistenza; si attirò l’ira di una certa parte di lettori anticomunisti quando spiegò che a Budapest, nel 1956, contro i sovietici combattevano i figli degli operai e non dei borghesi; si fece sparare dai terroristi quando suggerì «Turatevi il naso e votate DC»; si attirò l’ira di parte dell’opinione pubblica quando, dopo il crollo della prima repubblica, propose di contrapporre ai «progressisti» un fronte moderato di centro, e non il blocco d’ordine, il fascio di tutti gli «anticomunisti» che nel 1922 aveva prodotto il fascismo.
Il «toscanaccio», il «bastian contrario» sono solo stupidaggini, non c’entrano nulla. Andare controcorrente per lui significava risalire la sua corrente, che scaturiva dal Risorgimento. Una corrente che si componeva di due acque, poco abbondanti e spesso intorbidite (Patria e Libertà), e si immetteva nella marea del conformismo vile, mafioso, affaristico di milioni di italiani, proponendo uno Stato fondato sulle leggi, una società in cui gli ideali dominanti non fossero l’assistenzialismo e l’evasione, il condono e l’amnistia, l’arroganza contro i deboli e il servilismo verso i forti.
Piacque a molti, seduti sulle sponde, questo suo nuotare controcorrente per raggiungere il suo mondo che egli non smise mai di inseguire, anche quando si convinse che quel suo mondo fosse di pochi.
A noi piace, semplicemente, considerarlo una bandiera e un simbolo.