Venerdì 13 giugno ore 20.45 al Teatro Comunale Diana di Nocera Inferiore, va in scena Io sono l’amore, spettacolo che chiude la stagione di Artenauta Teatro, un extra fuori dalla rassegna L’Essere & L’Umano edizione 2025 (il progetto ideato dalla direttrice artistica e regista Simona Tortora, con l’organizzazione di Giuseppe Citarella e il patrocinio del Comune di Nocera Inferiore). L’opera vede protagonista sul palco la Compagnia Artenauta Teatro, con la drammaturgia e la regia di Simona Tortora, luci e tecnica di Giuseppe Petti. L’idea di partenza si ispira a tre opere di Annibale Ruccello cui sarà dedicata la serata: “Le cinque rose di Jennifer”, “Ferdinando”, “Anna Cappelli”.
Lo spettacolo. Le opere di Annibale Ruccello hanno segnato per sempre il teatro napoletano e italiano post-Eduardo. Ricco di riferimenti sociologici e fedele ricostruzione di un’umanità in transito verso il nuovo millennio – quando ormai la solitudine e l’incomunicabilità di una società mediatica e consumistica aveva iniziato a prendere il sopravvento, sull’onda di quella che Pasolini aveva definito “mutazione antropologica” – il drammaturgo stabiese racconta i diversi e gli esclusi, storie di emarginazione in chiave psicologica. “Le cinque rose di Jennifer”, “Ferdinando”, “Anna Cappelli” sono le tre opere che hanno ispirato la scrittura dello spettacolo di Simona Tortora.
La frase “Io sono l’Amore” appare nell’opera teatrale Le cinque rose di Jennifer, pronunciata dalla protagonista, un giovane travestito che vive in un monolocale nel quartiere dei travestiti di Napoli – spiega Simona Tortora, fondatrice Artenauta Teatro e regista – Jennifer che attende una telefonata da Franco, un ingegnere genovese, mentre risponde alle chiamate sbagliate del suo telefono, creando un intreccio di emozioni e realtà distorte. La frase “Io sono l’Amore” riflette il desiderio di Jennifer di essere amata e riconosciuta per ciò che è. Al testo di Jennifer ho intrecciato “Anna Cappelli”. La figura di Anna, giovanissima poco più che ventenne eppure già così sfiduciata dalla vita. Pensieri scialbi come la sua esistenza e stereotipi sociali, dove se non sei sposata o accompagnata da un uomo, sei inutile, la fanno sembrare una donna vecchia e con l’anima rinsecchita, eppure, anche questa assassina grida come ultima frase della sua vita: “Aiutami”. Poi c’è l’opera di “Ferdinando”, altro capolavoro di Ruccello, dove la mia attenzione drammaturgica e di regia si focalizza sulla figura di Geltrude. Al centro ci sono le relazioni. Nelle sue opere sono complesse, disturbanti e spesso segnate da desiderio, alienazione e sopraffazione. Tutte e tre queste figure sono figlie di un mondo che le respinge, recluse psicologicamente e fisicamente. Tutte e tre, simbolo di un fallimento delle relazioni. Tutte urlano il loro desiderio incessante di essere amate e non ottenerlo farà emergere in ognuna di loro la parte spietata o tremendamente fragile. Le ho amate tutte e tre, con tutte le loro contraddizioni. Non esprimo giudizio sul loro agire, non sono un giudice, racconto storie. “Io sono l’Amore”, è la storia di un anatroccolo, non accettato dalla società delle papere alla quale non si conforma. È la storia di chi non si sente riconosciuto né dagli altri né da se stesso. È la richiesta disperata di essere amati.