Due artisti di alto spessore, il catalano Joaquim Chancho e il cinese Yan Chengbin, saranno al Civico 23 venerdì 13 alle 19 fino al 22 giugno con Analogon, l’esposizione in partnership con la galleria A60 e l’artista/curatore Pengpeng Wang, con cui si conclude la stagione della galleria stessa.
L’artista spagnolo può dirsi una vera e propria icona dell’arte catalana, che si muove in equilibrio tra minimalismo e linguaggio informale, materico. Ma la liricità si cela nella semplicità, quasi geometrica, del suo linguaggio e del segno, di timbro costantemente esistenzialista. Si può parlare di una scrittura dell’anima non lineare, ma proprio per questa caratteristica coinvolgente. A prima vista la sua opera potrebbe sembrare esclusivamente geometrica, ma emerge una dimensione non solo razionale, bensì anche emotiva.
L’altro artista, Yan Chengbin, si accampa in un diverso universo, anche se tra i due trapelano analogie contenutistiche. Quest’ultimo, nelle sue opere, dà vita a mondi evanescenti, a una dimensione molecolare che comunica una sensazione di instabilità. Osserva Angelo D’Amato: «La vertigine provocata dai dipinti dell’artista cinese fa capolino con il tentativo di oltrepassare la barriera della materia per accedere a quella multiforme dello spirito. Tale tentativo, però, appare vano, o meglio, ci si accorge che è la materia stessa a essere unica depositaria di un mondo, quello spirituale, che pretende di eccedere tanto se stessa quanto il mondo fisico. Una materia che, se da un lato si fa artificio, illusione, dall’altro ci offre la possibilità di riflettere, pensare, sognare».
Entrambi, comunque, utilizzano la pittura come mezzo di ricerca e scoperta che indica la strada verso l’alterità, pur restando ancorati a terra.