La vicenda del Dott. Michele Delisati, medico arrestato nel 2023 con l’accusa di introdurre droga e telefoni cellulari all’interno della Casa Circondariale di Avellino, ha riportato con forza all’attenzione dei media regionali e nazionali la profonda crisi del sistema penitenziario italiano. Il caso, al di là degli aspetti giudiziari che hanno visto ridursi la condanna in appello a due anni e quattro mesi, rivela un quadro inquietante delle condizioni di lavoro nelle carceri.
Secondo l’ultimo rapporto annuale di Antigone e le recenti pubblicazioni del Ministero della Giustizia, il sovraffollamento medio nelle carceri italiane raggiunge il 135%, con punte che sfiorano il 218% in alcune strutture. Oltre l’80% degli istituti penitenziari risulta in condizioni di sovraffollamento, con gravi ripercussioni sulla vivibilità interna e sulla sicurezza sia dei detenuti che degli operatori. La situazione è aggravata da una cronica carenza di personale: nel solo 2024 sono state richieste 7,5 milioni di ore di straordinario, equivalenti al lavoro di oltre 5.600 agenti, mentre nello stesso periodo circa 4.000 agenti hanno lasciato il servizio per pensionamento o stress, contro appena 2.700 nuove assunzioni.
Di seguito pubblichiamo integralmente la lettera aperta inviata dal Dott. Delisati alla nostra redazione:
Buongiorno, sono il medico che è stato arrestato nel 2023 con l’accusa di portare droga e telefonini all’interno del Carcere di Avellino.
Ci tengo a sottolineare che lavoravo IN ASSENZA DI POLIZIA PENITENZIARIA e che purtroppo in infermeria non ero difeso dalla Polizia Penitenziaria bensì dai detenuti della sezione dell’Infermeria. In 4 mesi in cui ho lavorato presso il Carcere di Avellino hanno tentato di accoltellarmi circa 7/8 volte. Erano aggressioni dovute perlopiù a detenuti che scendevano in infermeria per rubare farmaci e psicofarmaci oppure soldi ed orologi ai medici, e venivo perlopiù difeso da alcuni detenuti della sezione dell’Infermeria. Affinché non si ripetano episodi simili al mio, gradirei che i miei colleghi medici in Infermeria siano difesi solo ed esclusivamente dalla Polizia Penitenziaria e MAI E POI MAI dai detenuti, come purtroppo accaduto nel mio caso.
Ci tengo inoltre a sottolineare che facevo turni di 12 ore dalle 08:00 alle 20:00 il sabato e la domenica presso la Casa Circondariale di Bellizzi Irpino. Nel 2023 la carenza di organico di Polizia Penitenziaria era talmente grave che un solo Poliziotto Penitenziario poteva restare nella sezione dell’Infermeria soltanto per una o massimo due ore al giorno, poiché doveva presidiare contemporaneamente altre sezioni. Quindi il medico restava per la restante parte della giornata a lavorare in assenza di Polizia Penitenziaria, difeso (purtroppo) dai detenuti presenti nella sezione dell’Infermeria. La mancata presidiazione non era assolutamente dovuta a negligenza del personale di Polizia Penitenziaria, ma solo e soltanto alla grave carenza di organico, con agenti costretti a turni massacranti e stressanti anche di 24 o 36 ore, di cui sono testimone oculare.
Colgo l’occasione per augurarvi buona giornata e buon lavoro.
Con stima ed ossequi,
Dott. Michele Delisati
Il grido di allarme del medico trova eco nelle riflessioni dell’avvocato Antonio Di Santo, esperto di diritto penitenziario, che recentemente ha affrontato il tema sottolineando l’urgenza di una riforma strutturale del sistema:
In Italia, il carcere rischia di essere solo un contenitore di disperazione che fallisce la sua funzione rieducativa e precipita nel degrado. Serve cambiare paradigma: potenziare l’organico sanitario, introdurre controlli e formazione più adeguati, investire in misure alternative per i reati minori e rimettere al centro la persona, anche dietro le sbarre. Chi lavora nelle carceri non deve essere lasciato solo. Chi vi è detenuto non deve essere abbandonato.
Una riflessione urgente e necessaria che deve richiamare la responsabilità delle istituzioni prima che il sistema raggiunga un punto di non ritorno.