Negli ultimi anni, la striscia di Gaza è stata teatro di tensioni e conflitti che hanno coinvolto diverse fazioni e attori internazionali. La guerra a Gaza rappresenta una delle crisi più complesse e dolorose del Medio Oriente, con conseguenze umanitarie devastanti per la popolazione locale.
La situazione a Gaza si sta aggravando rapidamente: dopo 18 mesi di guerra e un assedio totale di sei settimane, il sistema di aiuti umanitari è ormai al limite del collasso. Quello che dovrebbe essere un’ancora di salvezza per la popolazione civile sta diventando sempre più difficile da garantire, e le conseguenze sono drammatiche, soprattutto per donne e bambini.
Il conflitto ha radici profonde, legate a questioni storiche, territoriali e politiche tra Israele e i gruppi palestinesi, in particolare Hamas, controllano Gaza. Periodicamente, le tensioni si trasformano in scontri armati, con lanci di razzi, operazioni militari e bombardamenti che causano vittime tra civili e combattenti.
Le conseguenze umanitarie sono gravi: infrastrutture distrutte, accesso limitato a servizi essenziali come acqua, elettricità e assistenza sanitaria, e una crescente crisi umanitaria che mette a dura prova la popolazione civile.
Uno dei problemi principali è la difficoltà a far arrivare gli aiuti umanitari, come cibo, medicine e materiali di prima necessità, a causa delle restrizioni e dei blocchi imposti alle frontiere.
Nonostante gli appelli della comunità internazionale e delle organizzazioni umanitarie, i convogli di aiuti spesso trovano ostacoli o vengono ritardati. Questo perché le tensioni politiche e militari rendono difficile garantire un passaggio sicuro e regolare, lasciando molte persone senza le risorse di cui hanno urgente bisogno.
Le conseguenze sono drammatiche: ospedali senza medicine essenziali, famiglie che non riescono a trovare cibo sufficiente e bambini che soffrono per la mancanza di cure. La situazione si fa sempre più disperata, e la speranza di un intervento rapido e efficace cresce tra chi si occupa di assistenza umanitaria.
Un’indagine condotta su 43 organizzazioni umanitarie internazionali e palestinesi che operano nella striscia ha rivelato che quasi tutte – il 95% – hanno dovuto sospendere o ridurre drasticamente i servizi dall’inizio del cessate il fuoco, avvenuto il 18 marzo. Le restrizioni imposte e i bombardamenti diffusi rendono estremamente pericoloso spostarsi, ostacolando la consegna di aiuti essenziali come cibo, medicine e materiali di prima necessità.
La popolazione di Gaza vive tra le macerie delle proprie case, con il rischio di una carestia che si diffonda rapidamente in quasi tutte le zone. L’ONU ha lanciato l’allarme: questa è la crisi umanitaria più grave degli ultimi 18 mesi. Gli ospedali, privi dei mezzi per curare e salvare vite, sono ormai diventati obitori. Si stima che oltre 51.000 palestinesi siano stati uccisi, e l’ultimo attacco all’ospedale Al-Ahli Arab nel Nord di Gaza ha evidenziato la gravità della situazione.
I leader delle organizzazioni umanitarie, tra cui Save the Children, hanno espresso forte preoccupazione: “Questo è uno dei peggiori fallimenti umanitari della nostra generazione. Abbiamo tutto il personale qualificato e le risorse, ma manca la possibilità di far accedere la popolazione in sicurezza”. La mancanza di accesso e le restrizioni imposte dalle autorità israeliane dal 2 marzo hanno impedito di portare aiuti vitali, lasciando le persone senza supporto.
Le restrizioni alla circolazione sono aumentate: 24 organizzazioni hanno segnalato ostacoli alla consegna di aiuti, mentre 19 hanno visto blocchi di beni fuori dalla striscia, con almeno 9.000 pallet di materiali bloccati. Gaza detiene il triste record di essere il luogo più pericoloso al mondo per gli operatori umanitari: dall’ottobre 2023, oltre 400 operatori sono stati uccisi, e molti altri sono stati presi di mira o arrestati.
La recente uccisione di 15 paramedici palestinesi, trovati sepolti in una fossa comune, ha scatenato l’indignazione globale, ma molte violazioni continuano a passare inosservate. Nonostante la pausa di otto settimane nelle ostilità, la violenza contro civili e operatori umanitari non si è fermata, e i bombardamenti sono ripresi con intensità.
La situazione a Gaza continua a essere drammaticamente difficile, con numerosi ostacoli che complicano gli sforzi di aiuto alla popolazione civile. Secondo un recente sondaggio, almeno 17 ONG hanno segnalato ritardi o rifiuti nell’accesso ai territori anche durante il cessate il fuoco, avvenuto prima del rinnovato assedio del 2 marzo. Questo significa che, nonostante gli accordi temporanei, le organizzazioni umanitarie incontrano ancora molte difficoltà nel portare aiuti essenziali.
Inoltre, sette ONG hanno riferito che il fuoco israeliano ha colpito direttamente o indirettamente il loro personale o le strutture di soccorso, mettendo a rischio la vita di chi lavora per portare assistenza ai civili. La situazione si aggrava ulteriormente con almeno 19 ONG che segnalano di avere carichi di aiuti in attesa di ingresso fuori Gaza, tra cui oltre 8.800 pallet di materiali bloccati in Giordania, Egitto, Cisgiordania e Israele. Tra le forniture ferme ci sono supporto psicosociale, biancheria, articoli per l’igiene, ingredienti per pasti caldi, materiale scolastico, tende, estintori e medicinali, tutti fondamentali per alleviare le sofferenze della popolazione.
Il costo umano di questa crisi è altissimo: dall’ottobre 2023, almeno 412 operatori umanitari sono stati uccisi a Gaza, secondo i dati dell’Aid Worker Security Database. Solo dal 1° gennaio 2025, sono stati segnalati almeno 61 decessi tra i volontari e i soccorritori, un dato che evidenzia quanto sia pericoloso operare in questa zona devastata.
Questi numeri drammatici sottolineano la gravità della situazione e la necessità urgente di garantire la sicurezza e l’accesso senza ostacoli agli aiuti umanitari, affinché le organizzazioni possano continuare a portare soccorso a chi ne ha più bisogno in questa crisi senza precedenti.
Le autorità israeliane hanno proposto un nuovo meccanismo di autorizzazione per la consegna degli aiuti, che il Segretario generale delle Nazioni Unite ha definito come volto a “limitare gli aiuti fino all’ultima caloria e chicco di farina”. Questa proposta rischia di creare un pericoloso precedente, ostacolando ulteriormente la distribuzione di aiuti indipendenti e umanitari.
Le organizzazioni internazionali continuano a chiedere alle parti coinvolte di garantire l’accesso senza ostacoli agli aiuti, affinché la popolazione di Gaza possa ricevere il supporto necessario per superare questa crisi. La solidarietà e l’impegno globale sono fondamentali per cercare di alleviare le sofferenze di chi vive in questa zona così difficile.
La comunità internazionale continua a chiedere una soluzione politica al conflitto. Nonostante gli sforzi diplomatici, la pace sembra ancora lontana, e la situazione rimane instabile. La speranza di una soluzione definitiva si scontra con la realtà di un conflitto che, purtroppo, continua a mietere vittime e a creare sofferenza.