“Scrivere tutto, come viene”, ma poi levare quasi tutto.
È questo l’insegnamento che si trae leggendo i taccuini di Camus, “quaderni” tenuti in maniera irregolare dallo scrittore algerino, naturalizzato francese, dal 1935 sino alla sua tragica scomparsa, avvenuta nel 1960 a causa di un incidente d’auto.
Appunti, impressioni e considerazioni in generale che ci permettono di scoprire il mondo interiore e il percorso creativo di uno dei più grandi pensatori del XX secolo, insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1957.
Ancora oggi, l’eredità letteraria del filosofo esistenzialista transalpino (r)esiste al tempo grazie all’attualità del suo pensiero, che continua a illuminare “i problemi della coscienza umana”, invitandoci “a confrontarci con l’assurdità della vita, non con rassegnazione, ma con una consapevole ribellione che ci spinge a vivere con autenticità, libertà e solidarietà”.
I carnets sono sette e forniscono materia a tre volumi, al cui centro si colloca la riflessione sulla scrittura. Nelle citazioni che ho estrapolato dal testo in mio possesso – una prima edizione Bompiani del 1963 tradotta da Ettore Capriolo, che copre gli anni della formazione, le sue prime esperienze e l’inizio del suo percorso letterario (1935-1942) – i lettori (e amanti) delle opere di Camus ritroveranno quella sensibilità che ha permesso all’autore di “cogliere, con ineguagliata aderenza, lo stato d’animo di una generazione uscita dalla guerra disorientata o sconvolta e di farsene interprete, dopo esserne stato il profeta”.
Quaderno N. 1 (Maggio 1935 – Settembre 1937)
Maggio ’35
Ciò che voglio dire:
[…]
Futilità del termine «esperienza». L’esperienza non è sperimentale. Non la si provoca, la si subisce. Meglio la pazienza che l’esperienza. Pazientiamo… o meglio soffriamo.
Al termine di ogni esperienza, non si diventa saggi, ma solo esperti. Ma in che cosa?
Agosto: cielo in tempesta. Ardenti folate, nubi nere. Eppure a oriente una striscia azzurra, trasparente, delicata. Impossibile guardarla. La sua presenza mette a disagio gli occhi e l’anima. Il fatto è che la bellezza è insopportabile. Ci riduce alla disperazione, è l’eternità di un minuto che pure vorremmo dilatare nel tempo.
È a suo agio nella sincerità. Caso rarissimo.
Da giovane chiedevo agli altri più di quanto potessero darmi: un’amicizia continua, un’emozione permanente. Adesso so chiedere loro meno di quanto possano darmi: una compagnia senza parole. Così le loro emozioni, la loro amicizia, i loro nobili gesti conservano per me integralmente un valore miracoloso: una conseguenza totale della grazia.
Gennaio ‘36
[…] La vita è breve e perdere il proprio tempo è peccato. Io il mio tempo lo perdo continuamente, e gli altri mi credono estremamente attivo. Oggi, però, è una sosta, e il mio cuore muove incontro a se stesso.
Se ancora mi soffoca un senso di angoscia, esso consiste nel sentire che questo attimo impalpabile mi scivola fra le dita come le perle del mercurio. Lasciate dunque che quelli che lo desiderano si distacchino dal mondo. Io non mi lamento, perché mi guardo nascere. E in questo mondo sono felice perché di questo mondo è il mio regno: una nube che passa e un istante che si spegne. La morte di me per me stesso. Il libro si apre su una pagina amata […].
15 sett. ‘37
[…] Non è necessario offrirsi agli altri: solo a coloro che si amano. Perché in questo caso non ci si offre per apparire ma soltanto per dare. Veramente forte è solo colui che appare esclusivamente quando è necessario. Andare sino in fondo significa saper serbare il proprio segreto. Io ho sofferto ad essere solo, ma serbando il mio segreto ho sconfitto la sofferenza. E oggi non conosco gloria più grande del vivere solo e ignorato. Scrivere è la mia gioia profonda! Acconsentire al mondo, ma solo nel «denudamento». Non sarei degno di ammirare la nudità dei paesaggi se non sapessi rimanere nudo davanti a me stesso […].
Quaderno N. 2 (Settembre 1937 – Aprile 1939)
26 settembre.
1) Far precedere il romanzo da frammenti di diario (fine).
2) Conservarsi lucidi anche nell’estasi.
Descrizione concreta: Scomparsa degli amici.
Tram (fine dei servizi?)
Idee – leitmotiv.
S’immergeva di silenzio in silenzio, si rannicchiava in se stesso…
16 novembre.
Dice: «Bisogna avere un amore – un grande amore – nella vita, perché costituisce un alibi alle disperazioni immotivate che ci opprimono.»
Dicembre.
Un uomo che abbia il senso del teatro è sempre felice in compagnia di donne. Le donne sono un buon pubblico.
Febbraio ‘38
Trovare il modo d’andar fuori misura nella misura.
Maggio.
Non si pensa nello stesso modo su una stessa cosa la mattina e la sera. Ma dov’è il vero, nel pensiero della notte o nello spirito del mezzogiorno? Due risposte, due razze di uomini.
Quaderno N. 3 (Aprile 1939 – Gennaio 1942)
… Come quei libri in cui troppi brani sono sottolineati a matita perché si abbia una buona opinione del gusto e dello spirito del lettore.
Tema per una commedia. L’uomo mascherato. *
Dopo un lungo viaggio l’uomo torna a casa mascherato, e rimane tale per tutta la commedia. Perché? È appunto questo il tema.
Si smaschera alla fine. Era per nulla. Per vedere sotto una maschera. Ci sarebbe rimasto a lungo così.
* Primo abbozzo di Il malinteso.
Spirito storico e spirito eterno. Uno ha il sentimento del bello. L’altro quello dell’infinito.
7 Settembre.
Se è vero che l’assurdo è compiuto (o meglio, rivelato), allora è anche vero che nessuna esperienza ha valore in sé e che tutti i gesti sono in egual misura istruttivi. La volontà non conta nulla, l’accettazione tutto. A condizione che davanti all’esperienza più umile o alla più straziante l’uomo sia sempre «presente» – e la sopporti senza disarmare, sostenuto da tutta la sua lucidità. *
*Riflessione per Il mito di Sisifo.
Ottobre.
Come dice Newton: pensandovi sempre
Cfr. Marco Aurelio: «Ovunque si possa vivere, è possibile viverci.»
«Ciò che interrompe un’opera progettata diventa l’opera stessa.»
Ciò che sbarra la strada fa fare strada.
Terminato, febbraio 1942