Gli ultimi cinque anni sono stati caratterizzati da tre eventi a livello globale che hanno generato quel famoso Grande Reset abusato da molti cosiddetti complottisti.
In realtà ciò che sta accadendo, se proprio non vogliamo definirlo un Grande Reset, è in ogni caso un riassetto degli equilibri economici, politici e sociali a livello planetario.
I tre eventi in questione, o sciagure, ovvero Covid, conflitto russo-ucraino ed inflazione (quale conseguenza naturale delle dinamiche innescate dagli accadimenti), hanno coinvolto, di fatto, tutta la popolazione mondiale, direttamente o indirettamente, e ciò ha determinato reazioni e modifica delle strategie a lungo termine da parte di molti Governi ed alleanze in qualsiasi settore.
Infatti, le accelerazioni in ambito socioeconomico cui stiamo assistendo (nei fenomeni che il mainstream definisce transizioni) non sono altro se non una prima conseguenza degli incidenti di percorso a seguito dei citati eventi.
Ciò ha forzato molte nazioni a riconsiderare alcuni programmi… essendosi venute a creare le condizioni “ideali” (perché sia covid che guerra hanno indebolito tutti) per tentare di assumere la supremazia in tre ambiti strategici per il futuro: risorse naturali, tecnologia ed alimentare.
Ad un livello immediatamente inferiore troviamo altre priorità oggetto di ripianificazione quali l’industria farmaceutica, la moneta digitale ed il controllo interno delle masse.
La prima nazione ad approfittare dello stallo planetario dell’ultimo quinquennio è stata la Cina che ha acquisito circa il 75% delle terre rare a livello mondiale, ossia aree ricche di materie prime necessarie alla produzione di batterie per auto, microchip, dispositivi elettronici e così di seguito.
Inoltre, la minaccia di Xi-Jinping, diretta e non tanto velata, di “annettere” Taiwan è parte del piano in quanto l’Isola-Stato è il primo produttore al mondo di microchips, devices e componenti ad alta tecnologia; in questo modo i cinesi si garantirebbero il monopolio delle materie prime e della produzione a livello globale, considerando soprattutto che i più grandi brands hi-tech, americani ed occidentali in genere, hanno sedi produttive in Cina ed a Taiwan.
In questo contesto, la guerra in atto (le cui cause non sono quelle che leggiamo quotidianamente ma hanno radici ben lontane) è “usata” come strumento, o merce di scambio, al fine di contrastare l’antico e ferreo sodalizio Russia-Cina e la sempre più potente organizzazione dei Paesi BRICS che sta prendendo il controllo dell’Africa (e relative risorse naturali) cacciando gli antichi colonizzatori (leggi: sfruttatori) europei, Francia in primis.
Gli USA, che ovviamente non stanno alla finestra nel timore di perdere parte dei mega-fatturati delle aziende con sedi in Oriente e fette di mercato, hanno intrapreso due strade di cui la prima è la delocalizzazione da Cina e Taiwan (anche nella stessa Asia ma in paesi “amici”) ed, in seconda battuta, il tentativo di indebolire l’Unione Europea attraverso il mantenimento in vita della guerra (che di proposito non si è voluta evitare) e le sanzioni alla Russia (che in ogni caso rivende gas e petrolio a Cina, India e Pakistan) al fine mettere piede stabile in Europa con la complicità del Regno Unito.
Veniamo quindi alle dolenti note, ovvero l’Unione Europea che in questa fase storica si è totalmente affidata agli Stati Uniti delegando ad essi qualsiasi genere di “decisione” a livello diplomatico-militare “copiando, inoltre, senza successo, le politiche monetarie della FED” in quanto le realtà sono totalmente differenti; gli USA hanno innanzitutto sovranità monetaria ed una sola economia di riferimento, l’UE ha 27 differenti economie e nessuna di esse con sovranità monetaria.
In parole semplici, e crude, l’Europa per seguire lo Zio d’America sta letteralmente andando a sbattere (prima degli USA) e non sarà altro se non l’airbag che attutirà il colpo quando si schianterà anche l’economia a stelle e strisce.
Non dimentichiamo, tra l’altro, che il debito pubblico USA è stato elevato oltre il tetto dei 31.000 miliardi di dollari con un provvedimento del Congresso e ciò non risolve la questione strutturale con la quale, prima o poi, bisognerà fare i conti.
E chi detiene gran parte del debito pubblico USA? Guarda caso Cina, Brasile, la stessa Russia, paesi Arabi che sono entrati nella sfera d’influenza BRICS, Giappone ed altri Stati in quantità minore.
Ciò significa che se gli USA non trovano altri sbocchi commerciali, o non negoziano con la Cina, rischiano una pesantissima battuta d’arresto.
Ecco perché l’espansionismo USA in Europa che colpevolmente l’UE ha acconsentito a proprio danno, soprattutto a svantaggio dei Paesi dell’area mediterranea i cui debiti, oltretutto, sono nelle mani dei Paesi del Nord (ai quali l’UE concede scelleratamente anche l’applicazione di aliquote fiscali da paradisi).
In questo modo si trasferisce, attraverso un doppio canale, ricchezza dagli Stati europei del Sud, più indebitati e poveri, agli stati finanziariamente più stabili, e ciò avviene proprio attraverso l’aumento dei tassi (unico e non parametrato alle reali econome) e grazie al trasferimento di sede fiscale di centinaia di aziende.
Nel primo caso gli Stati del Sud pagano fiumi di miliardi di interessi sul debito che finiscono nelle casse degli Stati del Nord attraverso le loro banche, e nel secondo altrettanti fiumi di miliardi sottoforma di imposte su introiti realizzati nelle nazioni originarie …
In parole semplici gran parte dei soldi ni tutti noi, italiani, spagnoli greci e portoghesi, quando acquistiamo beni e servizi di aziende con sedi fiscali oltreconfine, finiscono in Olanda, Irlanda ed altrove mentre i soldi che paghiamo come tasse finiscono, attraverso gli interessi sul debito pubblico, principalmente in Germania e Francia ma in ogni altra nazione che ne detiene una fetta.
Questa sarebbe la “democrazia”? Dedicherò un capitolo a parte a questo contrastato e strumentale argomento abusato per imporci scelte che ci stanno impoverendo.
Ecco a voi il senso di Grande Reset.