New York, 10 agosto 2024 – Le Nazioni Unite hanno approvato il primo trattato globale contro la criminalità informatica, un passo epocale per rafforzare la cooperazione internazionale contro il crimine digitale. Tuttavia, questo storico accordo ha subito acceso critiche da parte dei difensori dei diritti umani e dei giganti tecnologici, che vedono nel testo una potenziale minaccia per le libertà individuali e la privacy globale.
Dopo tre anni di intensi negoziati e una maratona finale di due settimane a New York, la “Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità informatica” è stata adottata con consenso e sarà presto sottoposta all’Assemblea Generale per la ratifica formale. Il trattato, proposto inizialmente dalla Russia, potrebbe entrare in vigore una volta ratificato da almeno 40 Stati membri.
La convenzione mira a contrastare in maniera più efficace crimini come la pornografia infantile e il riciclaggio di denaro, attraverso una maggiore collaborazione tra i Paesi. Faouzia Boumaiza Mebarki, presidente del comitato intergovernativo che ha guidato i lavori, ha celebrato il successo dei negoziati, affermando che il trattato dimostra l’importanza della volontà politica nel combattere la criminalità informatica.
Preoccupazioni sui diritti umani
Nonostante l’entusiasmo di alcuni delegati, il trattato ha scatenato una reazione negativa tra i difensori dei diritti umani e le grandi aziende tecnologiche. Questi critici denunciano la portata eccessivamente ampia delle misure previste, temendo che possano essere utilizzate per legittimare una sorveglianza globale senza precedenti.
Il testo consente infatti a uno Stato di richiedere prove elettroniche e dati di accesso per qualsiasi reato punibile con almeno quattro anni di reclusione, anche se tali informazioni si trovano in un altro Paese. Secondo Deborah Brown di Human Rights Watch, ciò potrebbe trasformarsi in un “disastro per i diritti umani”, permettendo la repressione di giornalisti, attivisti e minoranze, oltre a compromettere gravemente la libertà di espressione.
Anche l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha espresso riserve, sollecitando gli Stati a garantire che la protezione dei diritti umani resti centrale nella nuova Convenzione.
Dissensi e divisioni internazionali
Mentre alcuni Paesi, come la Russia e l’Iran, hanno criticato il trattato per essere eccessivamente orientato alla tutela dei diritti umani, altri hanno espresso preoccupazioni diametralmente opposte. L’Iran ha tentato, senza successo, di eliminare clausole che tutelano la libertà di espressione e altri diritti fondamentali. La richiesta iraniana è stata respinta con una netta maggioranza, ma la divisione tra gli Stati rimane evidente.
Il Cybersecurity Tech Accord, che rappresenta oltre 100 aziende del settore tecnologico, tra cui Microsoft e Meta, ha esplicitamente sconsigliato agli Stati di firmare o implementare il trattato, definendolo “viziato” e potenzialmente pericoloso per l’industria e per la società civile.
Il trattato ONU sulla cybersicurezza segna un passo importante nella lotta contro il crimine informatico, ma la sua adozione è accompagnata da profonde controversie e divisioni. La sfida ora sarà trovare un equilibrio tra la necessità di sicurezza e la protezione dei diritti umani, in un contesto globale sempre più complesso e interconnesso. La comunità internazionale dovrà vigilare affinché questo strumento non si trasformi in un mezzo di repressione, ma rimanga un baluardo contro le minacce digitali.