Douchy-Montcorbon (Loiret, Francia) – 18 agosto 2024.
In una rovente domenica di agosto, la notizia inizia a circolare su tutti i canali web.
Alain Delon, ottantotto anni, icona indiscussa del cinema francese, ci ha lasciato, provato prima da un ictus che lo aveva costretto ad un ritiro anticipato dalle scene e poi da una grave malattia.
Ad annunciare la dipartita sono stati i figli con un comunicato stampa all’Agence France-Presse, in cui hanno dichiarato che il loro padre si è spento serenamente nella sua casa a Douchy e chiesto anche privacy per la loro intimità in questo momento di lutto estremamente doloroso.
Viso d’angelo, bello come solo un dannato può essere, con gli occhi di ghiaccio color del cielo e sguardo ammaliante, Delon non è stato un semplice attore, è stato il simbolo di un’intera generazione, una leggenda innegabile, e tale rimarrà nel tempo.
Una vita audace la sua, piena di contraddizioni, di tormenti e sofferenze familiari nonostante il successo raggiunto, costellata da grandi amori – come quello con Romy Schneider, il cui primo incontro è avvenuto proprio quando Delon girò il suo primo film da protagonista nel 1958, ovvero sul set de L’amante pura di Pierre Gaspard-Huit – e da svariate avventure.
Il suo esordio sul grande schermo è datato 1957, con un piccolo ruolo in Godot di Yves Allégret. Debutto che all’epoca gli ha permesso di attirare l’attenzione e di intraprendere, successivamente, un percorso di trionfi cinematografici.
È stato diretto dai più grandi registi europei interpretando capolavori come Delitto in pieno sole di René Clemente, 1960; Rocco e i suoi fratelli (1960) e Il Gattopardo (1963), due gioielli di Luchino Visconti; L’eclisse di Michelangelo Antonioni, 1962; La piscina (1969) e Borsalino (1970) di Jacques Deray; La prima notte di quiete di Valerio Zurlini, girato a Rimini nel 1972, e altri ancora.
Tra i premi che gli sono stati attribuiti si ricordano quelli alla carriera: nel 1995 l’Orso d’oro al Festival di Berlino, nel 2019 la Palma d’oro onoraria al Festival di Cannes, un tributo alla sua straordinaria dedizione al cinema, sia come artista sia come produttore. All’indomani di questo riconoscimento, ultima sua apparizione pubblica, il divo francese ha avuto cura di inviare ai suoi estimatori questo messaggio: «Mentre il mio viaggio volge al termine, voglio dirlo: ho conosciuto così tante passioni, così tanti amori, così tanti successi e insuccessi, così tante polemiche, così tanti dispetti, così tante vicende torbide, così tanti ricordi, così tanti appuntamenti mancati e incontri improvvisati, così tanti alti e bassi; che quando le onorificenze non saranno più che vani e lontani ricordi, c’è solo una cosa che brillerà per la sua costanza e longevità : voi, solo voi. A voi che mi avete reso ciò che sono e che mi renderete ciò che sarò, dovevo dirlo. Grazie, grazie, grazie».
E tra i pensieri che gli sono stati dedicati quest’oggi, mi ha particolarmente colpito quello di Claudia Cardinale. L’attrice, con grande malinconia e dolcezza, ha espresso così il suo dolore per la perdita dell’amico: «Mi chiedono delle parole – racconta – ma la tristezza è troppo profonda. Mi unisco al dolore dei suoi figli, dei suoi cari e dei suoi fan. Il ballo è finito. Tancredi è salito a ballare con le stelle… Per sempre tua, Angelica».
La firma non riporta il suo nome proprio, ma quello dell’iconico personaggio femminile del film che ha reso entrambi memorabili.
Adieu, Alain. Che la terra ti sia lieve.