In un tempo in cui l’arte spesso si rifugia nell’astratto o nell’effimero, Bruno Giustiniani sceglie la profondità spirituale. Il suo ultimo capolavoro, “La chiamata di Simon Pietro e dei suoi compagni”, ci riconduce al cuore del Vangelo, reinterpretando uno dei momenti più significativi della narrazione cristiana: la chiamata degli apostoli.
L’opera, talvolta intitolata “La chiamata dei 13 Apostoli”, nasce da una visione onirica dell’artista, un sogno in cui l’umiltà dei pescatori di Galilea si trasforma in una potenza capace di cambiare il corso della storia. Giustiniani vede in questo il riflesso del potere divino, l’unica forza capace di elevare gli ultimi a guide spirituali dell’umanità.
Il cuore della scena: la chiamata di Pietro
Al centro della composizione, dominata da toni terrosi e da una sapiente distribuzione simbolica dei personaggi, Gesù impone le mani sul capo di Simon Pietro, nel gesto solenne dell’investitura spirituale. Pietro, inginocchiato, vestito di blu, con i capelli canuti, incarna la fragilità e la forza del discepolo chiamato a divenire “pietra” su cui costruire la Chiesa.
Un gesto carico di significato biblico, che nel linguaggio iconografico dell’artista assume un valore sacramentale: è l’inizio di un miracolo eterno, che si proietta fino ai nostri giorni. Intorno, i discepoli ascoltano, Maria Maddalena osserva da un secondo piano simbolico, mentre Gesù sembra elevarsi verso l’alto, come nell’Ascensione.
Una chiamata post-pasquale, oltre i Vangeli canonici
A differenza della tradizionale ambientazione lacustre descritta da Luca, Giustiniani colloca la scena dopo la resurrezione, in una stanza nuda e umida. È qui che immagina la chiamata, come passo verso la Pentecoste. La presenza dell’apostolo Mattia, subentrato a Giuda Iscariota, lo conferma.
Questa scelta narrativa sottolinea una libertà interpretativa che riflette la missione evangelica stessa: non un documento storico, ma un messaggio da trasmettere. L’evangelista dell’arte non è tenuto a seguire i Vangeli alla lettera, ma a trasmettere la Buona Notizia secondo la propria sensibilità.
Simbolismo e armonia compositiva
La tela è densa di simbolismi numerici: 13 figure (12 apostoli più Gesù e Maria Maddalena), ma anche una geometria visiva che richiama i numeri della perfezione e dell’incompletezza (6, 7, 13). Il bianco della veste di Gesù domina al centro, simbolo di purezza e divinità, in contrasto con i colori della terra che vestono gli altri personaggi, indicando la condizione umana.
L’espressione dei volti, curata nel dettaglio, comunica un’intensa partecipazione interiore. I personaggi sembrano osservare lo spettatore, in un dialogo silenzioso ma eloquente. È un’opera che non si guarda soltanto: ci guarda.
Un tributo alla figura di Pietro
Simon Pietro, al centro della scena e del significato, è più di un discepolo: è il paradigma del cristiano chiamato. La sua umanità – fatta di slanci e cadute, di rinnegamenti e pentimenti – si trasforma in un modello di fede e di umiltà. Giustiniani ne fa il ponte tra il divino e l’umano, l’uomo fragile su cui poggia la fiducia del Cristo.
Non a caso, l’artista lega la simbologia del numero 13 all’umiltà, ultima delle virtù secondo i Minimi di San Francesco di Paola e Benjamin Franklin. È una chiamata che non riguarda solo Pietro, ma ci interpella tutti, come 14°, 15°, ennesimo apostolo nel cammino personale della fede.
Maria Maddalena: l’apostola degli apostoli
In secondo piano ma potentemente presente, Maria Maddalena osserva la scena da sotto un arco. È una figura discreta ma determinante, riconosciuta da Papa Francesco come “apostola degli apostoli”. Il suo volto velato, lo sguardo assorto, richiamano la presenza silenziosa ma essenziale della donna nella Chiesa primitiva.
Un’opera destinata a durare
“La chiamata” si impone come una pietra miliare dell’arte religiosa contemporanea. Non solo per la qualità pittorica, ma per la profondità teologica e simbolica. Un’opera che ci invita a riflettere sulla nostra personale vocazione, sul senso della fede e sulla possibilità, sempre aperta, di un cambiamento radicale.
Con questa tela, Bruno Giustiniani non offre solo un dipinto, ma un luogo spirituale, un invito al silenzio e all’ascolto, una “stanza umida” dentro di noi in cui forse anche oggi una voce ci chiama per nome.