Negli ultimi anni, il tema dell’accoglienza è diventato uno dei principali campi di battaglia politica in Italia e in Europa. Da un lato, ci sono coloro che sostengono il dovere morale e legale di offrire rifugio a chi scappa da guerre, persecuzioni o disastri ambientali; dall’altro, ci sono quelli che mettono in evidenza i limiti di un sistema di welfare già in crisi, oltre ai rischi di tensioni sociali che possono derivare da una gestione disordinata dei flussi migratori. In questo contesto, la posizione di una parte della sinistra – quella radical chic – è spesso sotto accusa. Nei talk show, nei convegni universitari e nelle pagine di alcuni quotidiani progressisti, si chiede un’accoglienza “senza se e senza ma”. Tuttavia, questa linea sembra lontana dalla realtà quotidiana dei quartieri popolari, dove la convivenza con i migranti si confronta con problemi concreti: mancanza di alloggi, lavoro precario, e difficoltà nell’accesso ai servizi sanitari e scolastici.
Secondo i dati del Viminale, nel 2024 l’Italia ha visto oltre 155 mila arrivi via mare, con un aumento del 20% rispetto all’anno precedente. Questo numero ha messo a dura prova i centri di accoglienza, specialmente a Lampedusa, dove nei momenti di maggiore afflusso si sono registrate più di 6.000 persone, a fronte di una capienza massima di soli 400 posti. Le associazioni che operano sul territorio denunciano da tempo l’assenza di una strategia a lungo termine. Non basta dire ‘accogliamo tutti’ se poi non ci sono programmi per l’integrazione linguistica, la formazione professionale e gli strumenti per l’inserimento lavorativo. Così, l’accoglienza rischia di trasformarsi in grave disagio.
Eppure, nelle zone più agiate delle grandi città, il tema viene spesso filtrato attraverso un linguaggio idealista e distante. Mentre nei quartieri centrali di Milano o Roma l’immigrazione è vista come una ricchezza culturale, nelle periferie viene frequentemente percepita come una competizione per case popolari, contratti precari e servizi sociali. Qui, il messaggio della “sinistra radical chic” fatica a trovare ascolto, contribuendo invece a rafforzare il consenso delle destre sovraniste. Il paradosso è chiaro: la narrazione dell’accoglienza illimitata conquista gli ambienti intellettuali e accademici, ma rischia di allontanare proprio quelle fasce popolari che la sinistra dovrebbe storicamente rappresentare.
I socialisti, come ci racconta la storia, hanno sempre visto l’accoglienza come un pilastro delle loro battaglie politiche. Fin dal XIX secolo, il socialismo ha cercato di combattere le ingiustizie generate dal capitalismo, ponendo l’accento sulla solidarietà e sul supporto ai più vulnerabili. Un esempio significativo è stata la nascita delle cooperative e delle associazioni, che hanno dato vita a un modello economico basato sulla condivisione delle risorse e sul sostegno reciproco.
Nel corso del XX secolo, i movimenti socialisti hanno continuato a promuovere politiche di accoglienza, sia per gli immigrati che per i rifugiati. In Europa, dopo le due guerre mondiali, il sociale ha giocato un ruolo cruciale nell’assistere chi fuggiva da conflitti e persecuzioni, aiutandoli a integrarsi. Le politiche di welfare e i programmi di inclusione hanno reso possibile la creazione di società più giuste e unite.
Oggi, più che mai, è fondamentale riscoprire l’eredità che il socialismo ci ha lasciato, riprendendo le battaglie per i diritti civili e la giustizia sociale. È davvero importante mobilitare le energie vive del nostro Paese per promuovere un’accoglienza che sia inclusiva e solidale. Dobbiamo costruire una rete di supporto che coinvolga comunità, volontari e istituzioni, affinché ogni cittadino possa contribuire a un futuro migliore, dove ognuno possa trovare il proprio posto e vivere con dignità.
La vera sfida consiste nel passare dalle parole ai fatti: è essenziale costruire accordi europei più solidi per la redistribuzione, investire nell’integrazione e rivedere il sistema di accoglienza diffusa. Solo così potremo trasformare l’immigrazione da un campo di battaglia ideologico a una vera opportunità, evitando che il dibattito si fermi su slogan contrapposti.
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L’accoglienza falsa di una sinistra radical chic. I socialisti ritornino a essere promotori di ospitalità.
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