Lo sconfinamento di almeno 19 droni russi in territorio polacco non costituisce l’unico evento attraverso il quale la Russia ha compiuto atti invasivi nei confronti degli stati confinanti e membri dell’UE. Ultimo in ordine di tempo a fine agosto, quando un drone russo si è schiantato in un campo di grano vicino a Osiny, nella Polonia orientale, ed è esploso, frantumando le finestre delle case vicine.
Inoltre, negli ultimi anni, in particolare dopo l’invasione russa dell’Ucraina e la conseguente adesione della Finlandia alla NATO, le relazioni tra la Finlandia e la Russia sono diventate sempre più tese. La Russia ha compiuto una serie di azioni che sono state percepite come pericolose e destabilizzanti dalla Finlandia e dai suoi alleati.
Il paese scandinavo ha operato un rafforzamento militare al confine a seguito dell’aumento da parte della Russia della presenza militare lungo la frontiera di 1.340 km con la Finlandia. Le immagini satellitari hanno rivelato la costruzione di nuove basi, l’ampliamento di quelle esistenti e lo schieramento di nuove attrezzature, tra cui rifugi per aerei, magazzini e accampamenti per le truppe. Questo riarmo è visto come una reazione diretta all’ingresso della Finlandia nella NATO e un tentativo di riaffermare il controllo russo nella regione.
La Finlandia ha inoltre accusato la Russia di aver deliberatamente incanalato un numero crescente di richiedenti asilo, privi di documenti validi, verso il confine finlandese. Helsinki ha interpretato questa mossa come una forma di “guerra ibrida” volta a esercitare pressione e a destabilizzare il Paese. Per rispondere a questa minaccia, la Finlandia ha temporaneamente chiuso tutti i valichi di frontiera con la Russia.
Ancora, sono stati segnalati numerosi casi di sabotaggio e attacchi informatici in Finlandia, per i quali si sospetta il coinvolgimento della Russia. Questi atti sono considerati parte di una più ampia campagna russa per destabilizzare i Paesi europei e minare la loro sicurezza. In un’azione considerata una provocazione, la Russia ha scelto di modificare unilateralmente i confini marittimi con la Finlandia e altri paesi baltici, una mossa che avrebbe permesso al Cremlino di sfruttare a fini economici le acque attorno ad alcune isole.
Inoltre, l’intelligence finlandese (Supo) ha avvertito che i servizi segreti russi stanno cercando nuovi modi per condurre attività di spionaggio nel Paese, in seguito all’espulsione di funzionari e al diniego di visti. In più, sono intervenute minacce retoriche da parte di ufficiali e politici russi, tra cui l’ex presidente Dmitry Medvedev, i quali hanno rilasciato dichiarazioni allarmistiche, accusando la Finlandia di prepararsi a una guerra e di agire come una “punta di attacco” contro la Russia, alimentando ulteriormente la tensione.
Nei confronti dei paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) invece, la Russia ha intensificato le sue azioni pericolose, percependo la loro adesione alla NATO e il loro fermo sostegno all’Ucraina come una minaccia diretta alla propria sicurezza. Queste azioni si inseriscono in una strategia di “guerra ibrida” che mira a destabilizzare la regione. Putin ha violato più volte lo spazio aereo e navale dei paesi baltici. La Russia conduce regolarmente manovre militari nel Mar Baltico, spesso in prossimità dei confini di Estonia, Lettonia e Lituania. Ci sono stati numerosi casi di aerei russi, compresi bombardieri, che hanno violato lo spazio aereo di questi paesi, costringendo i jet della NATO a decollare per intercettarli. Queste azioni sono viste come un’intimidazione militare e una dimostrazione di forza.
Inoltre, sono stati segnalati numerosi casi di danni a infrastrutture sottomarine, come cavi di comunicazione e gasdotti, nel Mar Baltico. Sebbene la Russia abbia negato ogni responsabilità, i paesi baltici e i loro alleati sospettano che il Cremlino sia dietro questi atti di sabotaggio. L’obiettivo sarebbe quello di testare la reattività della NATO e di minacciare le vie di comunicazione e di approvvigionamento energetico della regione.
Numerosi oltretutto sono stati gli attacchi informatici: i paesi baltici sono tra i bersagli più frequenti dei cyberattacchi russi. Hacker russi hanno preso di mira infrastrutture governative, siti web di ministeri, banche e servizi pubblici, con l’intento di paralizzare le comunicazioni, rubare dati sensibili e diffondere disinformazione.
Anche Estonia, Lettonia e Lituania non sono stati esente da strumentalizzazione da parte dei russi sulla questione migranti. Similmente a quanto fatto con la Finlandia, la Russia e la sua alleata Bielorussia sono state accusate di aver spinto deliberatamente i migranti verso le frontiere di Lettonia, Lituania e Polonia, in un tentativo di creare una crisi umanitaria e destabilizzare i paesi confinanti.
In un’azione particolarmente provocatoria, la Russia ha poi pubblicato (e successivamente rimosso) un documento che sembrava voler modificare unilateralmente i confini marittimi nel Mar Baltico. Inoltre, le guardie di frontiera russe hanno rimosso boe di confine estoni nel fiume Narva, in un’azione che l’Estonia ha denunciato come una chiara provocazione.
Tutte queste azioni, pur non rappresentando un attacco militare diretto, vengono considerate dai paesi baltici e dalla NATO come parte di una strategia aggressiva e pericolosa della Russia, volta a minacciare la loro sicurezza e a testare la coesione dell’Alleanza atlantica.
Queste azioni hanno spinto i paesi baltici, la Finlandia e la Polonia ad adottare misure autonome per rafforzare le loro capacità di difesa in risposta alla percepita minaccia della Russia. Queste azioni, sebbene spesso coordinate con l’Unione Europea e la NATO, riflettono una profonda e storica preoccupazione per la loro sicurezza e sovranità.
Per quanto riguarda la Polonia, essa ha aumentato la spesa per la difesa: La Polonia è uno dei paesi NATO che spende di più per la difesa, superando ampiamente il target del 2% del PIL. L’obiettivo è arrivare al 5% entro il 2026. Varsavia sta portando avanti un massiccio programma di riarmo, con l’acquisto di sistemi d’arma avanzati da Stati Uniti e Corea del Sud, come i carri armati Abrams e i sistemi missilistici HIMARS.
La Finlandia, oltre alla decisione storica e autonoma di aderire alla NATO in risposta all’invasione russa dell’Ucraina, ha abbandonato decenni di neutralità militare. Anche la Finlandia ha incrementato significativamente il suo budget per la difesa, con l’obiettivo di rafforzare le sue capacità militari e integrare gli standard NATO. La Finlandia ha un modello di difesa totale che coinvolge l’intera società. Il paese ha una vasta rete di rifugi anti-bomba e una forte cultura di preparazione civile, che include un’elevata percentuale di cittadini disposti a combattere per il proprio paese. La Finlandia ha inoltre avviato la costruzione di una barriera difensiva lungo il confine con la Russia.
Anche i Paesi baltici, insieme alla Polonia, sono tra i membri della NATO che spendono di più per la difesa in rapporto al PIL, superando l’obiettivo del 2% e promettendo di arrivare al 5%. I tre paesi stanno costruendo una linea di difesa unificata e congiunta lungo i loro confini con la Russia e la Bielorussia. Hanno inoltre completato la disconnessione dalle reti elettriche russe e bielorusse, sincronizzandosi con la rete continentale europea per ottenere indipendenza energetica.
I Paesi baltici sono stati tra i più fermi sostenitori dell’Ucraina, fornendo ingenti aiuti militari e adottando sanzioni contro la Russia che vanno oltre quelle imposte dall’UE. Hanno aumentato la prontezza delle loro forze armate e stanno cercando di rafforzare le loro capacità militari, sebbene la loro pianificazione difensiva continui a fare affidamento in larga misura sull’appartenenza alla NATO e sul sostegno degli alleati.
Già nel marzo scorso i ministri della Difesa di Estonia, Lituania e Polonia in una dichiarazione congiunta raccomandarono di abbandonare la Convenzione di Ottawa del 1997 per essere pronti militarmente in caso di aggressione russa. La Polonia e gli Stati baltici dichiararono infatti di volersi ritirare da un trattato internazionale che vieta le mine antiuomo, citando la crescente minaccia militare della Russia.
Il trattato del 1997 – che vieta l’uso, la produzione e il trasferimento di mine antiuomo – ha avuto ratifiche o adesioni da oltre 160 Paesi. La Russia non aderì all’accordo e la sua invasione dell’Ucraina ha trasformato il Paese devastato dalla guerra nella nazione con il maggior numero di mine al mondo. “Le minacce militari agli Stati membri della Nato confinanti con la Russia e la Bielorussia sono aumentate in modo significativo”, si legge nella dichiarazione di marzo dei quattro Paesi.
“Riteniamo che nell’attuale contesto di sicurezza sia fondamentale fornire alle nostre forze di difesa flessibilità e libertà di scelta per utilizzare potenzialmente nuovi sistemi e soluzioni d’arma per rafforzare la difesa del vulnerabile fianco orientale dell’Alleanza”, aggiunge il documento. Nonostante l’intenzione di abbandonare la Convenzione di Ottawa, la dichiarazione affermò che i Paesi sarebbero rimasti impegnati nel rispetto del diritto umanitario, compresa la protezione dei civili durante i conflitti armati.
La Finlandia, che non è firmataria della dichiarazione congiunta, aveva già in precedenza dichiarato, nel dicembre dello scorso anno, che stava considerando di abbandonare il trattato a causa dell’uso di mine antiuomo da parte della Russia in Ucraina.
Questi stati, fatta eccezione per la Finlandia, fino allo scioglimento dell’Unione Sovietica, hanno fatto parte della stessa (i paesi baltici), oppure gravitavano nell’orbita e netta influenza sovietica (la Polonia), dunque tutti i cittadini ultracinquantenni di questi paesi sono nati e cresciuti con l’educazione e la mentalità sovietico/russa. Se la loro profonda conoscenza della natura di questo popolo ma, soprattutto, del modo di porsi dei loro governanti rispetto all’occidente li porta ad adottare le predette misure di sicurezza evidentemente non c’è da stare affatto tranquilli.