Il presente articolo non ha alcun valore tecnico/scientifico ma rappresenta una breve sintesi di chi dal 1990 frequentando il Salento ha e assaggiato questi vini, seguendo le evoluzioni e le varianti proposte. Dapprima poco incline ad assaggiare varianti, bevevo solo rossi in purezza. Negli anni ho apprezzato alcune varianti proposte tra le quali negramaro con syrah o malvasia; primitivo e merlot. Ho assaggiato anche una proposta di primitivo e negroamaro insieme in diverse percentuali tra di loro di cui mai avrei detto. Alla fine ho ceduto anche su un mio concetto di bere rosso o bianco quando ho incontrato i rosati di negroamaro e primitivo, molto buoni.
Nel cuore della Puglia, due vitigni autoctoni raccontano la storia, la passione e l’identità enologica del Mezzogiorno italiano: Primitivo e Negroamaro. Spesso contrapposti per caratteristiche organolettiche e stile, i due vitigni sono oggi anche protagonisti di nuove sperimentazioni e combinazioni con uve italiane e internazionali, aprendo strade inedite alla produzione vinicola pugliese. Ma prima di parlare di blend, è importante conoscere le peculiarità di questi due mostri sacri della viticoltura meridionale — con particolare attenzione alla distinzione, spesso ignorata, tra il Primitivo di Manduria e il Primitivo di Gioia del Colle.
PRIMITIVO: DUE ESPRESSIONI, UNA STORIA ANTICA
Il Primitivo è un vitigno a bacca rossa di origini antiche, probabilmente importato dai coloni greci e successivamente acclimatato nella zona della Puglia centrale e meridionale. Il suo nome deriva dalla maturazione precoce dell’uva (“primo” fra i rossi vendemmiati), ma le sue interpretazioni possono variare significativamente a seconda del territorio.
▪️ Primitivo di Manduria DOC
Proveniente dalla zona ionica, tra Taranto e Brindisi, il Primitivo di Manduria è noto per la sua potenza alcolica (spesso superiore ai 14,5% vol.), il colore intenso e i profumi di frutta nera matura, confettura, liquirizia e spezie dolci. Ha un corpo importante, tannini rotondi e una dolcezza naturale (talvolta vinificato anche in versione dolce naturale DOCG).
Questo vino è un grande rosso del Sud, ricco, morbido, “caldo”, spesso usato per blend strutturati grazie alla sua capacità di fornire volume e potenza.
▪️ Primitivo di Gioia del Colle DOC
Meno noto al grande pubblico ma sempre più apprezzato tra gli intenditori, il Primitivo di Gioia del Colle nasce sull’altopiano delle Murge baresi, a un’altitudine superiore rispetto a Manduria. Qui il clima è più fresco e il terreno carsico-calcareo influisce profondamente sul vino.
Il risultato è un Primitivo più elegante e verticale, con alcol più contenuto, maggiore acidità e tannini più fini. Al naso spiccano note di frutti rossi croccanti, erbe mediterranee e leggere spezie, con una freschezza che lo rende perfetto anche per abbinamenti gastronomici più articolati.
A voler riassumere le differenze tra i due vini si può dire che il vino primitivo Manduria è caratterizzato da struttura, dolcezza, potenza, mentre quello di Gioia del Colle da freschezza, finezza, longevità.
NEGROAMARO: IL CUORE SCURO DEL SALENTO
Il Negroamaro, vitigno simbolo del Salento, prende il nome dall’unione del latino “niger” e del greco “mavros”, entrambi significanti “nero”. È infatti una delle uve più scure e concentrate del panorama italiano.
I vini da Negroamaro si distinguono per il colore profondo, il corpo medio-pieno, la bassa acidità e la tannicità importante. Il profilo aromatico comprende sentori di ciliegia, tabacco, erbe amare e terra. Pur essendo meno immediato e fruttato del Primitivo, il Negroamaro ha una grande capacità di esprimere il terroir, in particolare nei vini di denominazioni come Salice Salentino DOC o Copertino DOC.
Una delle caratteristiche più apprezzate è la versatilità: oltre ai rossi fermi, si presta benissimo alla produzione di rosati strutturati e gastronomici, veri protagonisti del “rosé revival” pugliese.
INNOVAZIONE E BLEND: TRADIZIONE CHE SI APRE AL MONDO
Negli ultimi anni, produttori pugliesi — soprattutto quelli più giovani e orientati all’export — hanno iniziato a sperimentare con blend innovativi unendo Primitivo o Negroamaro a varietà internazionali o ad altri vitigni autoctoni per creare etichette moderne, bilanciate e adatte ai gusti globali.
Primitivo + Merlot
Il Merlot, con la sua rotondità e morbidezza, ammorbidisce l’impeto alcolico del Primitivo e aggiunge nuance erbacee e floreali. Ne derivano vini più internazionali, adatti a mercati come Stati Uniti e Nord Europa.
Primitivo + Syrah
Syrah e Primitivo condividono la potenza e le spezie, ma il Syrah porta maggiore freschezza e una vena pepata che rende il blend particolarmente adatto alla carne rossa o ai barbecue.
Negroamaro + Malvasia Nera
È la combinazione più storica, codificata nei disciplinari di Salice Salentino DOC. La Malvasia Nera attenua l’asprezza del Negroamaro e arricchisce il bouquet con profumi floreali e fruttati, rendendo il vino più armonico e avvolgente.
Negroamaro + Cabernet Sauvignon / Petit Verdot
Sperimentazioni più recenti mirano a strutturare e allungare il vino, rendendolo idoneo anche a lunghi affinamenti in barrique. Il Cabernet aggiunge spina dorsale e note vegetali, mentre il Petit Verdot porta colore, profondità e tannino.
Negli ultimi anni, sempre più si trovano bottiglie di primitivo, imbottigliato in parte totalmente diverse dalle zone di produzione, magari con uve prodotte in altri territori italiani (prodotte in territori fuori dal DOC).
Ma i due vitigni sono tutelati? Infatti si può asserire che Primitivo e Negroamaro sono Tutelati, ma non sempre protetti.
Il Primitivo e il Negroamaro sono vitigni tutelati in Italia tramite le denominazioni di origine (DOC e DOCG), ma la situazione è complessa, e la loro ampia diffusione — non sempre legata ai territori storici — sta creando problemi sul piano della qualità percepita, dei prezzi e della sostenibilità commerciale.
Tutela legale: denominazioni e vitigni ammessi
Il Primitivo è alla base di diverse DOC, tra cui:
Primitivo di Manduria DOC / DOCG (con la versione Dolce Naturale)
Gioia del Colle DOC
Salento IGT, Puglia IGT, e molte altre indicazioni geografiche
Il Negroamaro è protagonista nelle DOC:
Salice Salentino DOC
Brindisi DOC
Copertino DOC
Leverano DOC
Rosato del Salento IGT, ecc.
Queste denominazioni ne tutelano l’uso, stabilendo regole su zona di produzione, rese per ettaro, grado alcolico minimo, affinamento, ecc. Tuttavia, fuori dalle DOC, le uve possono essere utilizzate in produzioni IGT o persino generiche, con minori restrizioni.
Sovrapproduzione e perdita di valore
Negli ultimi anni, soprattutto per il Primitivo, si è assistito a un aumento esponenziale delle superfici coltivate, anche in zone dove non esiste una tradizione storica.
Cosa sta succedendo: La domanda internazionale di Primitivo, spinta dal successo in mercati come USA e Germania, ha indotto molti produttori (anche fuori dalla Puglia storica) a piantare questo vitigno.
Alcune cantine utilizzano marchi evocativi o etichette che richiamano Manduria o il Sud, pur producendo vini in territori marginali o fuori zona DOC.
Questo ha portato a un calo del prezzo medio del Primitivo sfuso (dati 2023–2024 di Ismea e Coldiretti), mettendo in difficoltà i produttori storici che lavorano con attenzione alla qualità e al terroir.
Il Negroamaro soffre meno di questa “inflazione”, ma anche lui è spesso usato in blend industriali, perdendo identità e valore aggiunto.
Problema di identità e tutela culturale, non solo economica
A differenza di altre zone vinicole italiane dove l’origine è rigidamente protetta (si pensi al Barolo o al Brunello di Montalcino, dove tutto è tracciato e delimitato), in Puglia c’è ancora una certa flessibilità produttiva, anche all’interno delle denominazioni.
Questo crea un paradosso: il vitigno è tutelato sulla carta, ma la sua diffusione massiva e non sempre controllata rischia di diluire la reputazione complessiva.
Cosa chiedono i produttori locali?
Molti consorzi pugliesi, soprattutto quelli di Manduria e Gioia del Colle, hanno iniziato a:
Rafforzare i controlli sulle DOC per difendere il valore del marchio territoriale
Chiedere limiti alle nuove autorizzazioni di impianto
Introdurre marchi collettivi e tracciabilità digitale per garantire l’autenticità dell’origine
Lavorare sulla qualità e sulla sostenibilità, differenziandosi dai prodotti di massa
La tutela dei vitigni non basta se non viene accompagnata da una protezione culturale e commerciale del territorio.
Penso che il Primitivo e il Negroamaro sono sì protetti da denominazioni, ma la loro larga diffusione — spesso in progetti commerciali non attenti alla qualità — sta creando un problema di sostenibilità. La chiave è rafforzare l’identità territoriale attraverso consorzi forti, qualità certificata e consapevolezza del consumatore.
La grande produzione e “scarsa” tutela” sta creando grossi problemi e difficoltà ai vignaioli pugliesi mettendo a rischio di espianto dei vitigni.
Va segnalata l’azione messa in atto dal Consorzio di tutela del Primitivo di Manduria – uno dei vini rossi più noti della Puglia – che ha bloccato l’iscrizione allo schedario vitivinicolo idoneo alla rivendicazione del Primitivo di Manduria Dop per il periodo 2025-2030, quindi per 5 anni. Gli esponenti del Consorzio spiegano che è stata una «una decisione strategica, mirata a regolare la crescita della produzione e a preservare la qualità e il valore del celebre vino pugliese. E un provvedimento per tutelare la denominazione».