Cinque quesiti referendari per cittadini chiamati a decidere
Domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025 gli italiani sono chiamati alle urne per esprimersi su cinque referendum abrogativi (art. 75 della Costituzione), che toccano temi cruciali quali il lavoro e la cittadinanza. I quesiti, indetti con decreti del Presidente della Repubblica del 25 marzo 2025, riguardano:
- Tutele crescenti e licenziamenti illegittimi – Proposta di abrogazione.
- Licenziamenti nelle piccole imprese – Abrogazione parziale delle norme sulle indennità.
- Contratti a termine – Abrogazione parziale delle norme su durata e proroghe.
- Responsabilità solidale negli appalti – Proposta di escludere la responsabilità del committente in caso di infortuni.
- Cittadinanza italiana – Dimezzamento da 10 a 5 anni della residenza legale richiesta per cittadini extracomunitari maggiorenni.
Perché la consultazione sia valida, è necessario che si rechi alle urne il 50% più uno degli aventi diritto al voto.
Il caso Sannio: organizzazione e numeri
Nel solo Sannio sono 215.929 gli elettori chiamati al voto, distribuiti in 370 seggi, di cui 70 nella città capoluogo, Benevento. Qui gli aventi diritto sono 45.866.
Ogni elettore riceverà cinque schede, una per ciascun quesito. Ciò significa che saranno predisposte oltre 1 milione di schede nel solo territorio sannita. Questo comporta un carico organizzativo notevole per i seggi.
I numeri dell’organizzazione: tra tempi e fatica
Preparare ogni scheda richiede tre passaggi: due firme da parte degli scrutatori e un timbro da parte del presidente di seggio. Se si ipotizza una media di un minuto per preparare le cinque schede per un singolo elettore, per un seggio medio con 584 elettori ci vorrebbero circa 11 ore solo per questa operazione.
Non stupisce, dunque, che molti designati come presidenti o scrutatori stiano rifiutando l’incarico, nonostante i compensi siano tutt’altro che irrisori:
- 262 euro per i presidenti,
- 192 euro per scrutatori e segretari.
Una macchina elettorale datata: riflessioni ai tempi dell’I.A.
Nel 2025, l’organizzazione del voto in Italia resta in gran parte cartacea: registri manoscritti, penne biro, timbri in legno e inchiostri che macchiano ovunque. Si usano ancora le matite copiative e i famigerati pastelli bicolore, strumenti ormai anacronistici.
Eppure, l’intelligenza artificiale, il voto elettronico e i registri digitali sono realtà consolidate in molti altri Paesi. Estonia e Canada, ad esempio, hanno già sperimentato con successo forme di voto elettronico sicuro, riducendo tempi, errori e risorse necessarie.
L’esperienza di chi da anni lavora nei seggi, come l’autore di queste riflessioni, mette in luce un sistema elettorale ingessato e dispendioso. In un’epoca in cui quasi tutte le scuole sono dotate di lavagne interattive e si discute di intelligenza artificiale in ogni ambito, la macchina del voto sembra essersi fermata agli anni Settanta.
Non si tratta solo di modernizzare per comodità, ma di garantire efficienza, sicurezza e sostenibilità a uno dei cardini della democrazia: il diritto di voto.