Dopo la manifestazione popolare per la messa in sicurezza della porzione di spazio dove vi era una storica torre angolare del Castello di Eboli, crollata dieci anni fa, anche con proposta di una sua eventuale ricostruzione, tutto oggi sembra essere in uno stato di sospensione, di attesa. Al di là delle belle parole e di diverse proposte e idee, alcune anche piuttosto bizzarre, si avverte in modo palpabile il senso di una grande incertezza circa il futuro, il destino del monumentale castello.
Si tratta di una questione molto delicata, ma che è stata presa particolarmente a cuore e promossa con decisione dalla benemerita associazione Italia Nostra, Associazione Nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale della Nazione, sezione di Salerno, dalla Comunità Patrimoniale “Faro per fare”, con la collaborazione dell’Amministrazione Comunale, retta dal sindaco Mario Conte, e di altre associazioni e cittadini che hanno a cuore il destino di un monumento insigne e antico che è simbolo della storia della cittadina ebolitana e uno dei più importanti della provincia di Salerno e dell’Italia meridionale.
Va ricordato che il Castello di Eboli, popolarmente e impropriamente chiamato «Castello Colonna», è un bene culturale pubblico di tipo storico-architettonico, vincolato dalle disposizioni di legge sui beni culturali, secondo le norme in vigore, pur se la sua attuale destinazione è non poco in contrasto con quella che è la sua originaria natura storica e architettonica.
Oggi il castello è istituto di custodia attenuata, ICATT, ed è sottoposto all’amministrazione del Ministero della Giustizia che sicuramente avrà anche fatto dei lavori agli ambienti interni del bene culturale, modificando spazi architettonici originari per adattarli alle proprie esigenze carcerarie. Date le rigide norme di accesso alla struttura, e il divieto dell’uso di strumenti di ripresa fotografici e cinematografici, non è dato al momento conoscere nei particolari le modifiche apportate all’impianto storico-architettonico dell’immobile. Ciò costituisce certamente un problema di non poco conto per conoscere lo stato di fatto degli ambienti e degli spazi architettonici del castello ebolitano.
Voglio fermamente pensare che se sono stati eseguiti dei lavori essi siano stati autorizzati di concerto con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno ed Avellino, territorialmente competente, secondo quanto previsto dagli Articoli 20 e 21 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Infatti, come è noto, ogni esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del Soprintendente il quale ha piena facoltà e potere di imporre prescrizioni tecniche per la tutela e l’integrità del bene poiché, è bene ricordarlo con chiarezza e fermezza, il Codice dei Beni Culturali puntualizza che la tutela è valore primario e da esso, in alcun modo, non si può né si deve mai derogare. Quindi né il Ministero di Giustizia, né l’Amministrazione Comunale di Eboli possono prendere decisioni autonome senza l’autorizzazione della competente Soprintendenza. Chi afferma il contrario mente, trattandosi di un bene culturale che secondo la tradizionale definizione è «testimonianza avente valore di civiltà».
Nel caso in cui il Castello di Eboli dovesse in futuro essere destinato ad altre funzioni e non più quelle di istituto penitenziario bisognerà giustamente e correttamente tener conto, volenti o nolenti, che esso dovrà essere destinato obbligatoriamente ad un uso compatibile con il suo carattere di monumento storico-architettonico, per non pregiudicarne la sua tutela e conservazione. Ciò è espressamente prescritto dall’Art. 170 del Codice dei Beni Culturali che punisce l’uso illecito di beni culturali.
A tal proposito va anche ricordato che il crollo della cosiddetta medievale “torre saettiera” del castello ebolitano non sarebbe avvenuto per vetustà statica, ma per concause dovute a lavori di scavo in aree adiacenti il perimetro dello stesso castello, come diversi tecnici hanno affermato. I cittadini si chiedono legittimamente se all’indomani del crollo furono svolti degli approfonditi e chiari accertamenti tecnici per stabilirne con esattezza la natura.
Si è pervenuti a una precisa individuazione delle cause e degli eventuali responsabili del crollo? Va qui ricordato, per chiarezza, che l’Art. 733 del Codice Penale, riguardante il “Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale”, dispone che chiunque distrugge, deteriora o comunque danneggia un monumento è punito a norma di legge. Così anche l’Art. 160 del Decreto Legislativo 42/2004 ci ricorda che esiste l’ordine di reintegrazione. A tal proposito Aurelio Bruno ha scritto che «se per effetto della violazione degli obblighi di protezione e conservazione il bene culturale subisce un danno, il Ministero ordina al responsabile l’esecuzione a sue spese delle opere necessarie alla reintegrazione» (Manuale di Diritto del Patrimonio Culturale, 2019, p. 31).
A che punto è, se vi è, la vicenda tecnico-giudiziaria in merito? Infine, cosa intende realmente proporre l’Amministrazione Comunale, in particolare l’Assessorato alla Cultura, sul futuro destino e sulla futura fruibilità pubblica del Castello di Eboli? Sono domande che tutti i cittadini si chiedono da tempo ed è ora di non rinviare più alcuna risposta e decisione in merito, ma nel pieno e obbligatorio rispetto della legislazione vigente sui beni culturali.