Negli ultimi due mesi sono andato quattro volte al cinema e, per quattro volte di fila, sono uscito con un senso di vuoto. La cosa mi ha turbato: cinema e serie stanno forse imboccando una strada da cui mi sento escluso? Ero quasi rassegnato a poche, sporadiche gioie dietro a uno schermo. Poi, in maniera del tutto inattesa, è arrivata un’esperienza videoludica capace di stravolgermi come pochi altri media: Clair Obscur: Expedition 33.
Premessa necessaria: la mia è un’opinione personale. Negli ultimi anni, per ragioni soprattutto di tempo, mi ero allontanato dal gaming, come se avessi smarrito quel desiderio “fanciullesco” di collegare il cervello a quella dimensione pittoresca. Inoltre, detesto le “sfide”: quando apro un videogioco cerco anzitutto narrazione, contesto e scrittura dei personaggi. Un buon gameplay aiuta, certo, ma non è la mia priorità; se poi grafica e scenari sono straordinariamente suggestivi, tanto meglio.
Il titolo in questione — molto discusso, e a ragione — mi ha colpito soprattutto per l’originalità e la profondità della storia, sorretta da una scrittura dei personaggi di livello altissimo. La qualità dei dialoghi raggiunge picchi che raramente mi è capitato di incontrare.
Sul gameplay a turni: non è il mio genere. Eppure, forte della splendida esperienza con Baldur’s Gate 3, qui l’ho trovato complessivamente divertente e sfaccettato, a tratti un po’ ripetitivo. Non nego di aver evitato qualche scontro per accelerare la progressione narrativa — scelta che ho pagato non livellando a dovere e incassando più di una “mazzata”.
Niente spoiler sulla trama, né tecnicismi: il web ne è già pieno. Voglio limitarmi a due cose:
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Elaborazione del lutto. Il gioco affronta il tema in modo esemplare: non offre risposte lucide o morali preconfezionate, ma ti lascia in balìa degli eventi, costringendoti a reagire (in un modo o nell’altro) all’ineluttabilità delle circostanze.
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Andy Serkis (Renoir). La sua interpretazione è sublime. C’è una cura millimetrica in timbro, ritmo e respiro: alterna durezza e lucidità (in tutte le sue versioni) senza mai scivolare nell’enfasi stucchevole, mette peso ai silenzi e trasforma ogni scambio in un piccolo duello psicologico. Nelle sue battute si avverte un’intensità che dona enorme pathos alle scene. Mi auguro che possa raccogliere di più anche nel cinema, dove — purtroppo — continua a essere meno valorizzato di quanto meriti.
Concludendo, se, come me, non cercate nel videogioco una prova di abilità contro NPC o altri giocatori, ma un racconto in cui immergervi e, dolcemente , “naufragare”, Clair Obscur: Expedition 33 è un’esperienza rara e appagante.
Ero a un passo dal Gommage della mia fiducia nell’intrattenimento; poi sono arrivati i “pittori” di Sandfall Interactive con una tela che farà scuola.
PS. se Ubisoft si è lasciata sfuggire alcuni di questi talenti, forse il Gommage lo merita lei.