La vicenda raccontata nella lettera aperta di Genovina Izzo, che pubblichiamo integralmente, tocca corde profonde: il rispetto della volontà di un defunto, il dolore di chi resta, il rapporto tra diritti sanciti e prassi amministrative.
Antonio Izzo è scomparso il 21 giugno 2025. Il suo desiderio, condiviso da parte della famiglia, era di riposare accanto al padre Luigi, deceduto nel 1992, in un loculo di famiglia del cimitero di Frasso Telesino. Una richiesta che, trattandosi di urna cineraria, non avrebbe comportato problemi di spazio o di gestione logistica.
Eppure, a più di un mese dal decesso, le ceneri non sono state tumulate accanto al padre. Stando alle informazioni disponibili, sarebbero custodite in un ossario, struttura che, a differenza dei loculi, non è liberamente accessibile durante gli orari di apertura del cimitero, ma visitabile solo se un dipendente comunale è disponibile ad aprire. Un vincolo che, al di là della questione legale, limita anche la possibilità di compiere semplici gesti di memoria, come deporre un fiore o fermarsi in raccoglimento.
Sul piano giuridico, il caso richiama lo ius sepulchri, ossia il diritto di sepoltura familiare, considerato dalla giurisprudenza un diritto soggettivo perfetto, non comprimibile da regolamenti sopravvenuti o interessi di parte. Tuttavia, nelle ultime settimane la situazione si è ulteriormente complicata: secondo informazioni successive alla stesura della lettera, sarebbero pervenute al Comune comunicazioni da parte di congiunti che avrebbero espresso assenso alla permanenza dei resti in ossario. Ciò ha reso di fatto irrealizzabile la tumulazione accanto al padre, trasformando un desiderio chiaro in vita in una possibilità definitivamente preclusa.
Pur in presenza di atti formalmente validi, resta però aperto un interrogativo etico: è giusto che decisioni prese a distanza e in un contesto familiare complesso possano prevalere sulla volontà espressa da chi non è più in grado di difenderla? È accettabile che il luogo del riposo eterno diventi terreno di conflitti, rinunce o scelte burocraticamente comode, ma umanamente dolorose?
Il caso Izzo non riguarda soltanto una famiglia. Interpella le coscienze, le istituzioni e la comunità. Perché il rispetto verso i defunti e la considerazione per il dolore di chi resta dovrebbero essere un patrimonio condiviso, indipendente da fratture personali e tempistiche amministrative.
La lettera
Lettera aperta per la dignità nella sepoltura di mio fratello Antonio Izzo
Gentile Redazione,
mi chiamo Genovina Izzo e vi scrivo per chiedere di dare voce a una vicenda che a Frasso Telesino (BN) nega dignità a mio fratello Antonio Izzo, scomparso il 21 giugno 2025, il quale aveva espresso la volontà – condivisa dai familiari – di essere sepolto accanto a nostro padre Luigi Izzo (deceduto nel 1992, concessione loculo prot. 4749 del 22 aprile 1974, lotto A, lato Valle, n. 57, quarta fila). Tale desiderio risulterebbe ancor più semplice darealizzare poiché Antonio, essendo stato cremato, verrebbe tumulato inun’urna cineraria senza alcun problema logistico o di spazio.
Sin dal 25 giugno 2025 ho presentato formale istanza al Comune (prot. 4749 del 26/06/2025) e, non ricevendo alcun riscontro, ho inviato diffida ed esposto in data 9 luglio 2025 (prot. 5199 del 10/07/2025), integrando tutta la documentazione richiesta dal Comune stesso (prot. 4961): situazione di famiglia del titolare del loculo, certificato di morte di Antonio e copia della concessione del loculo. Malgrado l’assenza di ostacoli giuridici – il diritto di sepoltura familiare è tutelato dallo ius sepulchri e non può essere compresso da interessi personali – ad oggi le ceneri di Antonio non risultano tumulate, ma sarebbero collocate in un ossario imprecisato, senza alcuna comunicazione ufficiale sul loro decorso né sulla loro esatta ubicazione.
Tale stallo deriverebbe dall’opposizione di alcuni familiari, che avrebbero espresso parere contrario per motivi legati a dissidi interni e vicende personali, mai ufficialmente chiariti. Non essendo però stata fornita alcuna documentazione ufficiale in merito, non ci è dato sapere con certezza le effettive motivazioni burocratiche che impediscono la tumulazione.
Per questo motivo, oggi 24 luglio 2025, ho protocollato un’ulteriore istanza al Sindaco di Frasso Telesino e, contestualmente, ho trasmesso copia dell’intero carteggio al Prefetto di Benevento, affinché vigili su una vicenda che lede non solo i miei diritti, ma anche la coscienza civile dell’intera comunità. Chiedo pertanto spiegazioni formali sulle presunte ragioni ostative, l’accesso agli atti e l’immediata autorizzazione alla tumulazione di Antonio accanto a nostro padre. Non vi è regolamento che possa retroagire su diritti già perfezionati né alcuna ragionevole motivazione umana o giuridica che giustifichi tale situazione.
Mi rivolgo dunque pubblicamente alle Istituzioni e alla cittadinanza: è accettabile che la volontà di un defunto e il dolore di una famiglia siano calpestati dal silenzio amministrativo e da presunte questioni private mai chiarite ufficialmente? È etico che la burocrazia diventi strumento di conflitti personali, negando il più elementare rispetto verso chi non può più difendersi?
Chiedo che venga ripristinato senza indugio il diritto di Antonio a riposare accanto a nostro padre, che vengano chiarite le responsabilità di chi ha permesso questo grave ritardo e che si ristabilisca la trasparenza dovuta ai cittadini; in difetto, mi riservo ogni azione in sede competente per tutelare la memoria di mio fratello e la dignità della nostra famiglia.
Con la speranza che questa lettera smuova le coscienze e restituisca giustizia dove l’umanità è stata tradita, vi ringrazio per l’attenzione e resto in attesa di un immediato riscontro da parte delle autorità preposte.
Frasso Telesino, 24 luglio 2025