Era il 31 dicembre dello scorso anno, quando è stato riscritto l’articolo 54 del Tuir.
Con il nuovo comma, secondo cui non concorrono a formare il reddito le somme percepite a titolo di rimborso delle spese sostenute dall’esercente arte o professione per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente, si è posto subito il problema del necessario coordinamento con le disposizioni ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
A nove mesi dopo il cambio della norma reddituale, l’agenzia delle Entrate dà una risposta, sicuramente ineccepibile, ma che determina una situazione complessa e non coerente con la volontà semplificatoria della norma sopra ricordata.
Il professionista che sostiene spese per l’esecuzione dell’incarico agisce come mandatario del cliente, con le due varanti relative alla sua rappresentanza:
- Il caso meno ricorrente e complesso è quello del mandato con rappresentanza: viene speso il nome del cliente, con tutti i suoi riferimenti fiscali.
In questo caso l’operazione è fuori dal campo di applicazione dell’imposta, ex articolo 15, numero 3) della legge Iva.
- Più ricorrente è il caso del mandato senza rappresentanza: implica la doppia fatturazione (articolo 3, comma 3, ultimo periodo), dal prestatore del servizio al professionista e da questi al suo cliente.
Ad esempio, nel caso della prestazione di trasporto ferroviario:
- al momento dell’acquisto occorre chiedere la fattura, con Iva in evidenza, a nome del professionista. Un biglietto di 100 euro sarà scomposto tra imponibile di 90,91 e Iva di 9,09 euro;
- il lavoratore autonomo porta l’Iva in detrazione, in quanto utilizza questo acquisto per emettere una fattura imponibile a carico del cliente, sempre con aliquota 10% (la rifatturazione ha lo stesso regime dell’acquisto).
- Il cliente registra la fattura, non esercitando la detrazione, in quanto preclusa dall’articolo 19-bis1, lettera e).
Risultato zero rispetto all’addebito del biglietto Iva compresa, in quanto l’imposta rimane comunque indetraibile.
Più complesso è il caso della prestazione alberghiera, con Iva detraibile.
La complessità, come nel caso precedente, riguarda la rifatturazione con la stessa aliquota del servizio, a parte i componenti non rilevanti ai fini Iva, come l’addebito dell’imposta di soggiorno.
Alla fine non cambia niente, salvo che si devono emettere e registrare due fatture, che inquinano anche la dichiarazione dell’imposta sul valore aggiunto, moltiplicando le aliquote del quadro VE:
- prestazione professionale, aliquota Iva al 22%;
- addebito del trasporto o dell’albergo, aliquota Iva al 10%.
D’accordo che Iva e redditi possono seguire due strade diverse ma, se la volontà del legislatore delegato che ha riscritto l’articolo 54 del Tuir è quella di portare il rimborso spese fuori dalla quadratura tra costi e compensi, occorre una disposizione normativa per ridurre la complessità Iva rispetto alla linearità dello schema giuridico della dichiarazione dei redditi.