Con il Dm del 7 maggio 2024, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso lunedì 20 maggio, era stato riattivato lo strumento accertativo del Redditometro. L’efficacia del Dm avrebbe operato dagli accertamenti relativi all’anno 2016, ma considerato che il 2016 e il 2017 sono oramai decaduti, la prima annualità interessata sarebbe stata il 2018.
La determinazione sintetica del reddito sarebbe avvenuta sulla base sia delle spese presuntivamente attribuibili al contribuente, sia della quota di risparmio formatasi in ciascun anno, nonché delle spese effettivamente sostenute. In assenza di dati rinvenibili nell’anagrafe tributaria e riferiti alle dichiarazioni presentate in precedenza, sarebbero stati considerati i beni essenziali, al fine di posizionarsi al limite del livello di povertà assoluta per poi, in assenza d’indicazioni utili ricavate nel contraddittorio con il contribuente, far emergere il relativo valore stimato ai fini Istat.
Al contribuente sarebbero state imputate anche le spese sostenute dai familiari fiscalmente a carico, senza però tener conto dei costi relativi «esclusivamente ed effettivamente» all’esercizio di attività d’impresa o di lavoro autonomo, a condizione che ciò fosse stato debitamente comprovato.
Queste, in principio, le 56 voci di spesa censite: alimentari; abbigliamento; mutui o canoni di locazione (per chi in affitto); bollette per acqua, luce e gas; costi sostenuti per i trasporti (come abbonamenti e leasing), comprese anche le tasse di possesso, le assicurazioni per auto e moto, le relative spese per manutenzione; spese per il tempo libero, come per alberghi e pasti fuori casa.
Mentre le voci di investimento dovevano essere 9: oltre agli acquisti di case e terreni (al netto dei mutui), quelli di azioni e obbligazioni ma anche i costi sostenuti per le manutenzioni straordinarie.
L’allarme rosso del Fisco sarebbe scattato, comunque, quando il reddito accertato avesse superato di almeno il 20% quello dichiarato: per esempio, 120mila euro rispetto a un valore indicato in dichiarazione di soli 100mila euro. L’obiettivo, secondo le intenzioni del viceministro all’Economia – Maurizio Leo, era quello di colpire i grandi e grandissimi evasori.. con uno scarto tra accertato e dichiarato molto ampio e da non poter giustificare l’anomalo tenore di vita.
I contribuenti onesti non avrebbero corso nessun rischio. C’era, infatti, la garanzia del doppio contraddittorio: sia nella fase istruttoria (prima dell’emissione dell’accertamento), sia nella fase dell’accertamento con adesione.
Nella prima fase (quella istruttoria), il soggetto interessato avrebbe fatto valere l’entità dei costi e dei consumi documentati, oppure dimostrato che le spese risultanti alle Entrate erano state sostenute da terzi: si pensi, ad esempio, al figlio che utilizzi un immobile per il quale tutti i costi correlati sono stati sopportati dai genitori. Ancora, il contribuente poteva dimostrare che le spese individuate dal Fisco erano il frutto di redditi accumulati in passato.
Una volta esaurita questa fase del tutto preliminare, se l’Ufficio avesse acquisito sufficienti elementi per procedere ulteriormente, allora sarebbe iniziata la seconda fase (quella dell’accertamento con adesione). Per questa, come già detto, il reddito accertabile doveva superare di almeno un quinto quello dichiarato. Solo in questo caso sarebbe stato rivolto un invito al contribuente, contenente l’indicazione della maggiore imposta, delle sanzioni, degli interessi e la motivazione della pretesa. In caso di definizione concordata, le sanzioni si sarebbero però ridotte a un terzo del minimo.
La ritirata è arrivata al termine di ore convulse. Il Presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni (detta Giorgia), ha deciso di intervenire direttamente e lo ha fatto attorno alle ore 10 di mercoledì 22 maggio: «Mai nessun “grande fratello fiscale” sarà introdotto da questo governo!» Nel suo messaggio, pubblicato su Facebook, ribadisce la contrarietà a meccanismi invasivi: «Siamo giunti alla conclusione che sia meglio sospendere tale provvedimento in attesa di ulteriori approfondimenti.»
Tutto congelato, quindi. Il nuovo redditometro delle polemiche non produrrà più alcun controllo! Dopo l’annuncio della premier Giorgia Meloni, l’atto di indirizzo, firmato dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo, sancisce ufficialmente lo stop al decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale appena qualche giorno fa.
«Nel mirino ci dovranno essere i grandi evasori e non i cittadini onesti!» – Ribadiscono dal Governo, soprattutto Forza Italia e Lega, che fin da subito erano contrari a tale provvedimento.
Dunque, la sfida è quella di concentrare il ricorso dell’istituto della determinazione sintetica del reddito (detto redditometro) ai casi nei quali il contribuente ometta di dichiarare i propri redditi, a fronte del superamento di soglie di spesa da determinare. Bisognerà cercare di calibrare gli indicatori in modo da puntare subito ai grandi scostamenti, quelli per cui non ci sia “opinabilità”.
Per non rischiare, aggiungo io: meglio attendere eventuali ammissioni spontanee, da parte degli stessi contribuenti, di pratiche elusive e/o evasive.
Ma torniamo seri: è giusto contrastare la grande evasione e il fenomeno inaccettabile di chi si finge nullatenente.. ma poi gira con il Suv o va in vacanza con lo yacht!
Il temuto redditometro si applica alle persone fisiche e dunque a oltre 41 milioni di cittadini che si dichiarano al Fisco. In tutti questi anni i risultati sono stati assai deludenti, se guardiamo al gettito recuperato. Questo anche per una chiara volontà politica di non volere mai utilizzare fino in fondo tale strumento. I pochi spiccioli ricavati dall’accertamento sintetico sono una goccia nell’oceano del tax gap italiano, che ancora oggi fa registrare una distanza tra le imposte attese dall’Erario e quelle realmente versate.. di oltre 80 miliardi di euro!
Tutte le informazioni presenti nell’anagrafe tributaria, a partire dalle fatture elettroniche e dai dichiarativi, dovranno certamente essere utilizzate in qualche modo.. per combattere il fenomeno, tutto italiano, dell’evasione fiscale monstre!
Diversamente, che senso ha questa mole di dati.. che comporta un enorme carico di lavoro per studi ed aziende? È bene ricordare che da quest’anno è divenuta obbligatoria anche per i forfettari la fatturazione elettronica. Purtroppo però, la digitalizzazione forzata degli ultimi anni non si è sostituita affatto al cartaceo!