Il focus della riforma fiscale per l’anno 2026 si sposta sul ceto medio, attraverso alcuni aggiustamenti della struttura dell’Irpef che dovrebbe alleviare il carico per chi dichiara più di 28mila euro.
La nuova Irpef, infatti, sarebbe così composta:
- Fino a 28mila euro, applicazione dell’aliquota al 23%;
- Da 28.001 a 60mila euro, applicazione dell’aliquota al 33%;
- Oltre 60mila euro, applicazione dell’aliquota al 43%.
Nel suo ultimo intervento il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha rilanciato esplicitamente l’ambizione di allargare il raggio d’azione dei nuovi sconti Irpef:
- la riduzione di due punti, dal 35% al 33%, della seconda aliquota Irpef;
- e l’allargamento fino a 60mila euro di reddito lordo annuo, dello scaglione che oggi si ferma a quota 50mila euro.
In questo modo, a beneficiarne saranno circa 13,6 milioni di contribuenti. Non dimentichiamo che questi rimarranno comunque soggetti anche alle addizionali regionali e comunali, che in termini di rilevanza e gettito hanno registrato un significativo incremento nel corso degli ultimi anni.
Un’aliquota al 33% fino a 60mila euro dividerebbe in due la platea dei contribuenti:
- Per gli oltre 9 milioni di contribuenti che oggi dichiarano tra i 28 e i 50mila euro il taglio Irpef oscillerebbe tra i 40 e i 440 euro all’anno;
- Molto più forte sarebbe l’impatto per i 940mila italiani che hanno un reddito compreso tra 50 e 60mila euro e che si vedrebbero ridurre l’aliquota di 10 punti rispetto all’attuale 43 per cento. In questo caso il taglio arriverebbe a valere fino a 1.640 euro all’anno, ossia poco meno di 137 euro al mese.
Lo stesso effetto si replicherebbe per i 2,1 milioni di titolari di dichiarazioni con reddito superiore a 60mila euro annuo.
Proprio per questo è possibile che si decida di introdurre un meccanismo compensativo, per evitare di dedicare risorse agli sconti per i redditi più alti.
Bisognerà concentrarsi sul «ceto medio» per cercare di restituire, almeno in parte, una quota del “fiscal drag” gonfiato dall’inflazione di questi anni, oltre 23 miliardi di maggior gettito secondo le ultime stime. I contribuenti che dichiarano più di 40mila euro all’anno non hanno potuto godere del taglio al cuneo contributivo e da 50mila euro in su condividono la stessa aliquota marginale con i milionari!
Ad ogni modo, certezze ancora non ce ne sono. L’esigenza ora è trovare prima le risorse, che ammonterebbero a circa 5 miliardi l’anno.
Considerati i “venti di guerra”, la sfida si annuncia molto complessa!
L’alleggerimento fiscale sul ceto medio, assieme alla messa a regime dell’Ires premiale, sono prioritari anche per i commercialisti, come sottolineato anche dal presidente Elbano de Nuccio.
Nel menù del taglio delle tasse, sempre compatibilmente con le risorse a disposizione, c’è infatti anche il tentativo di stabilizzare l’Ires premiale: l’abbattimento di aliquota dal 24% al 20% per le imprese che effettuano investimenti e assumono personale.
Per ora la misura è limitata al solo anno 2025 ma, come spiegato dal viceministro Leo, la riduzione dell’aliquota è legata ad un aspetto che attiene al reddito, mentre l’investimento deve comportare l’accantonamento dell’utile che poi per il 30% deve essere destinato all’investimento.
Questa asimmetria tra la disciplina di riduzione della tassazione e quella che è la tipologia dell’investimento, la prima basata sul reddito e la seconda sull’utile, può essere superata rendendo la tale misura strutturale nel tempo.