L’ultimo femminicidio di quest’anno 2023 è avvenuto a Battipaglia, nel comune capofila della Piana del Sele. Il report del Viminale ci dice che da gennaio di quest’anno si sono registrati 70 femminicidi di cui l’ultimo è probabilmente (perché i dati sono in continua rettifica) proprio quello della giovane Mariarosa avvenuto per mano di colui che nell’accezione comune è chiamato l’affetto familiare. Il suo altrettanto giovane marito idraulico che ieri, allontanati i figli dai nonni, abitanti poco distanti, ha accoltellato la moglie alla giugulare lasciandola morire dissanguata. Ha chiamato però il pronto intervento, e qua già cominciamo con le ipotesi e illazioni, in stato confusionale, dichiarando che c’era una lite familiare in corso.
Almeno questo è quello che sulle prime battute si conosce.
Poi è pragmaticamente consueto che per i vicini di casa erano belle e brave persone, casa, chiesa e lavoro.
La casa era stata scelta apposta, la periferia litoranea di Battipaglia dove d’estate c’è il caos e la confusione dei vacanzieri del mare e degli stabilimenti balneari e d’inverno c’è un mare che infonde la struggente malinconia in un luogo decisamente lontano dal centro cittadino, dove l’auto diventa la salvezza dalla solitudine e per l’accesso ai servizi. Molte coppie però scelgono volontariamente di isolarsi dal caos e dalla confusione cittadina, altre, probabilmente, si isolano per cause di forza maggiore.
C’era l’impegno di catechista di lei, il lavoro di idraulico di lui, i suoi genitori abitanti nei pressi e i due piccoli bambini. C’erano viaggi, vacanze, c’erano sorrisi, giochi, c’era una vita normale, apparentemente.
Tutti vorrebbero sapere, invece, cosa c’è dietro le porte chiuse delle case delle famiglie, cosa accade in quelle piccole imprese familiari di affetti e azioni che producono emozioni, alcune belle, coinvolgenti, cariche di impegno e sensibilità; altre sono amorfe, piatte, come si dice, senza lode né infamia; altre emozioni, invece, sono terribili, orribili, devastanti. Come quando, ad esempio, abbiamo il mostro come vicino di casa e lo ignoriamo. Ignoriamo che magari quando ci saluta con garbo e sorriso poi fa pensieri assurdi e riprovevoli su di noi o sui nostri bambini.
Tutti bravi e belli, grandi lavoratori “ la mattina salutavano, giocavano con i bambini, andavano a lavoro…” (ne parlo in modo generico e non nello specifico) ignorando che magari in quella fiabesca famiglia si sta consumando una tragedia familiare perché quelle emozioni, quelle bellissime e anche stramaledette emozioni, qualcuno è incapace di esternarle perché non ci riesce, non ha strumenti, forza e capacità e si accumulano dentro, generando mostri fino a portare a decisioni irrimediabili e irreversibili. Fino a farci diventare i padroni assoluti di un essere umano, la propria compagna, con potere di vita e di morte su di ella, oppure a trasformarci nel dio della vendetta, riparatore di un’onta subita, che non tanto tempo fa veniva assolta d’ufficio nelle aule dei tribunali: un peccato che può lavare solo attraverso la fuoriuscita e lo spargimento del sangue.
E così nella settimana dei santi importanti nella nostra Campania per storia e simbolismo antropologico, S. Gennaro col suo sangue e S. Matteo con la sua doppia faccia, altrettanto simbolicamente è stata pagata una presunta colpa con lo spargimento del sangue. Sembra che, lo si dice con grande tristezza, a nulla sia valsa la legge (n° 69/2019) definita CODICE ROSSO, che avrebbe dovuto aiutare le vittime di violenza e femminicidi a trovare accoglienza, ascolto e comprensione a fronte di questo ingombrante, prevaricante e onnipresente paternalismo e maschilismo che troviamo ovunque, diciamolo ad alta voce, a partire dall’interno delle stesse famiglie, delle istituzioni, dei luoghi di protezione. È devastante che soggetti, autori di violenze gravi, vengano rilasciati e messi nelle condizioni di perpetuare le loro azioni criminose fino all’atto finale: l’assassinio. E questo lo raccontano centinaia di fatti di cronaca.
Non esiste e non può esserci una causa per l’ennesimo femminicidio accaduto ieri a Battipaglia. La ricerca delle cause non spetta a noi, soprattutto giornalisti, perché qualsiasi apposizione o aggettivo che possiamo usare accanto al termine marito potrebbe avallare un’ipotesi giustificativa di quest’efferato delitto. Il tutto avverrà, un giorno, in un’aula di tribunale dove si discuterà di una tristissima storia nella quale si narrerà di un papà che ha ucciso la moglie, mamma dei loro due piccoli bambini, che sono rimasti orfani, purtroppo di entrambi i genitori, di altrettante famiglie d’origine devastate e di luci di riflettori che come un’insegna guasta, si spengono e si accendono ad intermittenza, illuminando per un secondo, volti, situazioni, luoghi, tutti diversi…e solo per pochi secondi.
Alla giovane vittima vada un’amorevole e laica preghiera.