E’ stato chiamato “lo scultore delle pietre amanti” da Everardo Dalla Noce sia per il famoso ”L’Abbraccio”, arredo urbano che Bartolomeo Gatto ha installato anni fa in piazza del Carmine a Salerno, che per la sua predilezione dei grandi volumi sulle tele.
E’ il Fai in via Portacatena nel Centro storico di Salerno a commemorarlo dopo pochi anni dalla morte da venerdì 3 maggio al 29 maggio con la retrospettiva “Incontaminato”.
Bartolomeo Gatto nasce il 25 Agosto 1938 a Moio della Civitella, in provincia di Salerno, ma negli anni ‘50 lascia il suo luogo natio e si trasferisce a Roma dove ha intensi scambi con personalità importanti dell’arte. Lì ha frequentato la cerchia di grossi nomi dell’arte visiva, a Madrid conosce Salvador Dalì mentre a Milano incontra Giorgio De Chirico che apprezza le sue opere per la loro “carica coloristica”. Negli anni 70 fonda il mensile “Il Cigno”.
I suoi figli, la primogenita Carla e poi Davide, il secondogenito, diverranno per un certo periodo i modelli del suo “ciclo dei bimbi” a cui seguiranno i cicli delle pietre amanti. Innumerevoli i riconoscimenti e le esposizioni sia monografiche che collettive che hanno fatto conoscere la sua arte in Italia e nel mondo.
Nel 1990 il Banco di Sardegna gli dedica il volume “Pietre Amanti” con la presentazione di Everardo Dalla Noce. Fra i premi più rilevanti ricordiamo: nel 1969 Bruxelles, Les Art in Europe, 1989 Milano, Ambrogino d’oro,1989 Bologna, Premio nazionale “Percorsi creativi e nuovi orizzonti”, 1997 Salerno, Premio nazionale “Il Castelluccio”,2012 Capri – Premio Biagio Agnes.
Forme leggere e dinamiche emergono dalle ultime eseguite poco prima della sua morte dallo “scultore delle pietre amanti”, dall’artista che amò grandi volumi e particolari prospettive. Ed è lui stesso a descriverle: ”Le pietre si librano nello spazio, si staccano dalla Madre Terra. Si accendono di colori inaspettati rievocando il concetto di libertà. Si muovono con apparente leggerezza mentre una forza invisibile le fa vibrare e le lega in un armonioso girotondo.”
Molto differente l’impatto di queste ultime opere dalle precedenti come rileva Paolo Romano: sono forme che si snodano con ritmi forti lungo la superficie della tela, rigorosi ricordi che si racchiudono in mondi senza tempo per vagare nell’infinito… ecco che il frenetico movimento di figure… si fa partitura di una sinfonia cinetica.